sabato 20 novembre 2010

Doppio binario (Racconto a puntate: puntata n°5)

Larghi fiocchi cadevano lenti rendendo invisibile il paesaggio e difficoltoso il passo, ma non i pensieri. Sua suocera non le aveva risposto, nemmeno una parola... mentre lei cercavadi giustificarsi per una scelta fatta tanto tempo prima, quando ancora la gelosia, per quel suo senso del possesso che nasceva dal bisogno di essere amata, e che in lei era stato- o ancora era? - voragine senza fondo, pozzo scuro al quale non aveva mai osato avvicinarsi, fiammeggiava come una torcia accesa nella notte. 
La stanchezza ora l'invadeva, muscolo dopo muscolo, confondendole i pensieri, mentre il suo passo si faceva pesante e la neve si accendeva d'oro, diventando luce gialla e calda che la faceva scivolare nel sonno Odiava i sogni - colori troppo violenti, situazioni angosciose - tutto un mondo che solo la razionalità imprigionava, murandolo vivo come un galeotto imprigionato in una fortezza inespugnabile, e per sempre.
"Allora, cosa ha deciso di fare?" la voce si sforzava di essere gentile, ma era seccata e troppo alta. Senza contare che le imponeva di prendere una decisione. Su cosa poi? Socchiuse gli occhi e le sembrò d'incrociare uno sguardo che la fissava, freddo.
"Allora mamma, anche il babbo... " Ci si metteva pure lui, il babbo come l'aveva chiamato suo figlio, a dettare legge. L'aveva appena spiegato che il rancore era ancora lì, vivo e vegeto, a darle una sensazione di blocco allo stomaco. E se lui, il figlio, aveva il diritto di mollarla in mezzo alla neve per scaldarsi tra le braccia della proprietaria di un bar golosa di ragazzetti, lei aveva il diritto di fare le sue  scelte senza avere tra le palle l'ex marito.
"Sarebbe la scelta migliore!"
Ma guarda - pensò - è arrivato anche lui, mentre riconosceva la sua voce e il profumo del suo dopobarba.
Era una vera e propria riunione di famiglia, peccato che considerandola importante quanto il due di coppe non le avessero detto nulla, né il marito, né il figlio, né... Be', questa era la più bella: c'era anche il suo compagno.
Da chi era stato invitato? E da quando lui e il marito si frequentavano? Eh, già, ormai andava di moda la famiglia  allargata: tutti a far finta di essere superiori, immuni da rancori, ripicche, tutti insieme appassionatamente a mimare di volersi bene, di essere preoccupati per le paturnie della ex moglie, ex compagna, ex, ex...
Se vi aspettate che vi dia il gusto di rispondere vi sbagliate di grosso - pensò, trincerandosi dietro alle palpebre chiuse.
Sentii volteggiare quella parola, noiosa come una zanzara: finge! Di non capire, di non sentire... finge, finge.
Finge cosa?. E' strano come chi dovrebbe conoscerci meglio, non ci ascolti, non ci osservi, arroccato nella presunzione di sapere tutto di noi, di dare per scontato un modi di essere dell'altro da sé immune da cambiamenti. Invece la vita non ci scorre addosso senza lasciare traccia, la vita ci cambia, ci modifica. Non le interessava  più la loro opinione: aveva voglia di vivere, di fare qualcosa per sé, non di dare agli altri, ma di prendere, afferrare per la coda la vita... e scoprirla. 
Aveva conosciuto quell'uomo, banalmente, quel nuovo condomino, arrivato un pomeriggio d'inverno, portandosi dietro un mare di scatoloni e quel pianoforte che non passava da nessuna parte, che aveva fatto imprecare e bestemmiare gli scaricatori, attirandola curiosa sulla porta di casa.
Se lo era trovato davanti, alto e bruno, gli occhi scuri  e i capelli ricci da ragazzo, appena ingrigiti sulle tempie.
Le aveva sorriso porgendole la mano e dicendole: "Non mi dica che odia la musica! Ho appena affittato l'appartamento accanto al suo" e lei aveva riso a sua volta, intimidita da quello sguardo che scivolava sull'interlocutore caldo come una carezza.
Alla sera, aveva suonato alla sua porta, tenendo in bilico su un vassoio una bottiglia di vino e un piatto di spaghetti.
"Ha già mangiato?" e il sorriso già contagiava gli occhi che la fissavano ammirati, indugiando sulle sue labbra, come se seguirne la geometria fosse la cosa più importante da fare in quel momento.
"No!"
"Allora, mi faccia compagnia, ma il vino lo offro io, sempre che riesca a trovarlo... " ed era partito in perlustrazione, aprendo scatoloni mentre lei lo seguiva aprendosi un varco tra scatoloni e mobili accatastati alla meno peggio.
Ricordava tutto di quella serata: il gusto del vino, la musica che lui le aveva suonato al pianoforte, le lunghe mani sottili e forti che scivolavano sui tasti e... , dopo, sulla sua pelle, con la stessa passione e sicurezza mentre la luce della candela - non aveva ancora la luce elettrica - si spegneva fumigando e la notte invadeva la stanza.
(continua... )

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