Anche qui, dove tutti si conoscono, almeno di vista, dove ci si guarda, incontrandosi, in faccia e ci sono tempo e voglia per bere un caffè insieme al bar e fare quattro chiacchiere; anche qui una mattina qualcuno si è alzato e ...ha ucciso.
E, di nuovo, sono donne a morire: madre e figlia.
E, di nuovo, quel sostituto imperfetto della clava, che è il diritto, non serve. Come non sono serviti medici, psicologi, parenti, amici e preti.
Il lato oscuro che è in noi, in tutti noi, ha preso il sopravvento. Il senso del possesso, già foriero di inutili schiavitù quando si allunga sugli oggetti, ha inglobato le persone facendone cose, cose di cui si può disporre, come e quanto si vuole. Cose che non si possono ribellare in nome di un'autonomia che non riconosciamo loro - che non possono e non debbono avere - perchè, ripeto!, sono nostre.
E allora si ha la sensazione che la cosiddetta natura umana sia la peggiore all'interno del Creato e, soprattutto, che non esista nulla per modificarla, per correggerla, quando si flette, si accartoccia su se stessa in un monologo che diventa, deve diventare ossessivo, alimentandosi solo di pensieri che ruotano su se stessi e tarlano l'anima.
E noi, cosiddetti normali, per difenderci dall'orrore, parliamo di "raptus", ipotizzando un blackout della coscienza che giustifichi ciò che è ingiustificabile. Forse, mai come in certi momenti, emerge, in tutto il suo potenziale umano devastante, l'altra faccia di questo bipede intelligentissimo e micidiale che è l'uomo. Impastati in eguale misura di bene e di male, di vita e di morte, di ferocia e altruismo, possiamo fare una cosa soltanto addossandocene la responsabilità: scegliere.