martedì 25 ottobre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°4 - Seconda parte)

Gualtiero entrò nel palazzo, fece alcuni passi e si fermò, assorto. Da qualche anno lui e Marilena avevano affittato quella casa in centro: silenziosa, con il portiere, gli stucchi sui soffitti, le porte d'ingresso in noce massiccio... e il silenzio. Anche ora, anche lì: quasi a perseguitarlo. Ma i bambini, che in  un palazzo dovrebbero fare chiasso e disturbare, dov'erano? Rammentava di averli incontrati, ma soltanto per le scale, vestiti  "alla marinara", per mano a signore eleganti o al seguito delle servette, riconoscibili subito per il tono di voce più alto, la mancanza del cappello e dei guanti a coprire le mani arrossate e sciupate.
Casa e inquilini "di un certo tono", come diceva Marilena, ma lui non aveva ancora capito se fosse un apprezzamento o una presa in giro. Non aveva voluto saperne di assumere una domestica e tutti i giorni usciva a fare la spesa, cucinando per il marito e lucidando i pavimenti con lo spazzolone fino a renderli brillanti come uno specchio. Al pomeriggio leggeva e ascoltava musica alla radio.
Parlavano poco; soprattutto lei.
Era ancora bella e, ora che i soldi non mancavano, era anche molto elegante  e lui, Gualtiero, non aveva smesso di amarla e di meravigliarsi ogni sera nel ritrovarla ancora e sempre lì, ad aspettarlo. Perché continuava a pensare che, come un passero posato sui fili dell'alta tensione, dopo essersi riposata per un istante, sarebbe volata via, prima o poi, perdendosi nel cielo...
Rispose con un cenno del capo al saluto del portinaio, poi salì lentamente le scale.
"Marilena? Ci sei?" la chiamò dall'ingresso, togliendosi il cappello.
"Sono in cucina", lei rispose, affacciandosi alla porta.
Lui entrò e si lasciò cadere su una seggiola, passandosi una mano sul viso sudato.
"Cosa ti è successo? Come hanno reagito gli operai alla morte del loro compagno?" gli chiese la moglie, non senza aggiungere "Ma voi fascisti non... E' stata una rapina, o forse un delitto passionale: sembra fosse un uomo piuttosto bello... "
"Era uno con la lingua lunga, avrà finito per dare fastidio a qualcuno o, come dici tu, sarà stato pugnalato da un marito geloso. Comunque il clima in fabbrica, oggi, è stato pesantissimo... irrespirabile. Hanno finito per prendersela con me, come se io avessi a che fare con questa storia... "
"Ma tu non c'entri! Allora perché te la prendi in questo modo?"
"Mi ha riportato alla mente tante cose... la morte di Desmo" sussurrò Gualtiero, evitando lo sguardo della moglie.
"Non è stata colpa tua... " disse decisa Marilena, ma vedendo la faccia del marito s'interruppe. Gualtiero, che sembrava fissare un punto imprecisato del muro davanti a lui, scosse la testa e mormorò:
"Ninetto l'ho ucciso io!"
"Ma stai scherzando? Cosa dici, Gualtiero? Sei impazzito?"
Marilena si afflosciò sulla seggiola.
"Perché?"
"Perché stava per uccidere Desmo, gli era addosso, lo stava strangolando... e io, io ho sparato!"
"Tu!? Tu hai ucciso un uomo. Tu!?"
Dopo un secondo di silenzio chiese : "Perché?". Di nuovo.
Gualtiero taceva.
Marilena lo fissava, inorridita, ripetendo quella domanda, quel "Perché?", con un tono monotono, quasi cantilenante.
"Ora mi racconti tutto, ora voglio - ho il diritto  - di sapere tutto... Fin dall'inizio" concluse la donna, chiudendo la porta, quasi volesse, tentasse, per l'ultima volta, istintivamente, d'imbavagliare, di ingabbiare nella stanza, quel segreto, troppo spesso intuito e mai svelato.
La sera , senza che se rendessero conto, era calata, repentina come un sipario a teatro, a concludere una parte della loro vita. In quel buio senza scampo, alterata, si alzò la voce di Gualtiero. A raccontare.
(continua... )