L'adozione dell'euro, il ruolo assunto dai banchieri, la prevalenza della finanza e dell'economia di carta su quella reale, il matrimonio d'interesse tra finanza e politica e la sempre più smaccata mancanza di spessore morale della classe dirigente del nostro Paese sono, a mio avviso, tra le cause più importanti che stanno all'origine della crisi che stiamo vivendo.
L'euro fu per il Paese un errore e... una grande ingiustizia sociale. Avvantaggiò, infatti, i proprietari di patrimoni, dimezzando il potere d'acquisto di salari e stipendi, con la conseguenza di rendere più debole, sotto il profilo economico e quindi sociale, la classe operaia, già messa a dura prova dallo sviluppo tecnologico.
L'ammissione dell'Italia all'Unione europea non fu certamente indolore, ma l'astuzia fu quella di far credere al Paese che l'appartenenza al club degli eletti avrebbe avvantaggiato tutti, spalancandoci di fronte le porte dell' Eldorado. Fu, invece, un vero e proprio "patto leonino": i sacrifici, in termini di maggiori imposte, colpirono stipendi, salari e pensioni, ma i vantaggi, in seguito, privilegiarono i soliti (pochi) noti.
Il Paese di europeo aveva ben poco (particolare che avrebbe dovuto indurre i nostri governanti a una scelta diversa) e, quanto più si scendeva lungo lo stivale, tanto più aumentava il divario con la Germania, l'Olanda, la Norvegia e gli altri Paesi facenti parte dell'Unione. Ma Prodi &Co. si erano impegnati ad attuare un profondo cambiamento: burocrazia più snella, inflazione sotto controllo (quindi Debito pubblico in diminuzione a causa dei ridotti tassi d'interesse), mercato libero da interventi statali e via promettendo...
Resta il fatto che entrammo in Europa come ultimi della classe, con un cambio lira/euro svantaggioso, la consueta furbizia dei bottegai (che immediatamente ritoccarono all'insù tutti i prezzi), l'inveterata mancanza di controlli a sanzionare i comportamenti scorretti e l'abituale disonestà della classe politica. Se i beni vanno costruiti, per i prodotti finanziari basta la fantasia: infatti esplose sui mercati la "finanza creativa", facendo aumentare le agenzie bancarie e assicurative, ma portando al fallimento molte imprese manifatturiere.
La finanza corruppe la politica imponendo leggi a tutela del mercato bancario e, in ultima analisi, della cosiddetta "economia di carta" che s'impose sull'economia reale. Il mondo del lavoro dipendente risentì ulteriormente del cambiamento ma il tasso di disoccupazione subì una vera e propria impennata quando le imprese manifatturiere iniziarono a "delocalizzare" la produzione.
Smembrata, impoverita, la classe operaia è passata dall'urlo dei cortei al belato della disperazione dei licenziati, dei cassaintegrati, degli esodati.... poco e mal tutelata da una "Sinistra" allo sbando, in piena crisi ideologica e politica.
L'Europa, politicamente inesistente, costretta a fare i conti con la concorrenza dei paesi in via di sviluppo, in difficoltà sulle esportazioni verso gli Usa (artefici di una politica monetaria orientata alla svalutazione del dollaro) e presa d'assalto da una massa di disperati in fuga dall'inferno dei loro Paesi, non è stata certamente in grado di realizzare quell'armoniosa fusione strombazzata per anni nei convegni e negli incontri. E' rimasta, e rimane, un'entità vaga, divisa, rissosa, dove tentano di coesistere Paesi troppo diversi tra loro (come Germania e Italia o Grecia e Svezia). Ovviamente, senza riuscirci.
Il cambiamento, anticipato da segnali ben precisi ma ostinatamente ignorati, è scoppiato come una bomba: rottamati i valori prevalgono ora gli interessi, mentre la generazione dei figli guarda ai "padri" con rancore, i politici sono un esempio di squallore difficilmente superabile, la disoccupazione dilaga, l'insicurezza aumenta, la paura del domani attanaglia un po' tutti.
All'interno di questa realtà ha senso continuare ad accapigliarsi sulle cause? Sì, ma proponendo (e tentando) soluzioni, rimedi. Ma possono cambiare le scelte se non cambiano le persone? Valori come la correttezza, l'onestà possono essere imposti per legge? No, la legge si limita a sanzionare i reati che la disonestà alimenta. E allora? Chi saranno i nuovi barbari che spazzeranno via il vecchio impero? Sono già qui, tra noi? Camminano al nostro fianco, ma noi non li identifichiamo? Oppure stanno arrivando e quella polvere sulla strada è sollevata dagli zoccoli dei loro cavalli? No, i nuovi barbari non useranno i cavalli, non saranno inquadrati dai cannocchiali... Avranno altre armi, useranno altre parole.
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All'interno di questa realtà ha senso continuare ad accapigliarsi sulle cause? Sì, ma proponendo (e tentando) soluzioni, rimedi. Ma possono cambiare le scelte se non cambiano le persone? Valori come la correttezza, l'onestà possono essere imposti per legge? No, la legge si limita a sanzionare i reati che la disonestà alimenta. E allora? Chi saranno i nuovi barbari che spazzeranno via il vecchio impero? Sono già qui, tra noi? Camminano al nostro fianco, ma noi non li identifichiamo? Oppure stanno arrivando e quella polvere sulla strada è sollevata dagli zoccoli dei loro cavalli? No, i nuovi barbari non useranno i cavalli, non saranno inquadrati dai cannocchiali... Avranno altre armi, useranno altre parole.