Il giorno successivo al suo ritorno Gualtiero era tornato in fabbrica, riprendendo la vita di sempre. Lo stanzone ronzava come un alveare mentre indossava la tuta e Giovanni, uno dei compagni di lavoro, passandogli accanto, gli sussurrava: "Hanno arrestato Mario!" "Quando?" aveva chiesto, aggiungendo in fretta, senza nemmeno attendere la risposta: "Perché?"
L'altro operaio l'aveva osservato per un istante, pensieroso. Poi, in fretta, gli aveva detto: "Oggi, al suo posto, Bepi ha messo un ragazzo che nessuno di noi ha mai visto; uno giovane, inesperto. E' stato Bepi, a darci la notizia del suo arresto. Non ci voleva molto a capire che non gli andava giù. Lui, Mario, se qualcosa non gli piaceva, sputava il rospo... Mica come noi... Lui non aveva paura!".
Bepi, il sorvegliante del reparto in cui lavorava Gualtiero, vedendoli parlottare, si era avvicinato.
"Cosa avete da dirvi voi due? Al lavoro, al lavoro... che qui, i soldi, non ve li regala nessuno" e, mentre Giovanni si allontanava borbottando, il sorvegliante, allungando una strizzatina d'occhio a Gualtiero, a bassa voce, gli aveva sussurrato: "Bel lavoro! Alla fine del turno ti aspetto", aggiungendo "al solito posto".
Gualtiero aveva sentito una vampata di calore salirgli al volto, mentre gli ritornava alla mente quanto era accaduto in fabbrica pochi giorni prima.
Il Capo Reparto aveva ridotto la pausa concessa per il pranzo agli operai, e la notizia era stata accolta da mormorii di protesta e mugugni vari, borbottati tra i denti. Quando, al suono della sirena, gli impianti si erano fermati e gli operai avevano cominciato a mangiare, Mario - sì, sempre lui, quello che non aveva paura di niente e di nessuno, quello che sarebbe stato capace di ridere in faccia non solo al sorvegliante, anche al padrone, e pure a, a... Mussolini, se gli si fosse parato di fronte - dopo aver buttato giù due cucchiaiate di minestra, scaraventata a terra la gamella, aveva esclamato furioso, i pugni contratti dalla rabbia: "A calci in culo ci trattano... Che aspettiamo a dire 'Basta!' Cosa aspettiamo!? Che ci proibiscano anche di andare al cesso?"
"Ma cosa possiamo fare? Abbiamo la famiglia da mantenere" aveva detto Giovanni e Pioltino aveva aggiunto: "Se Mussolini ha deciso così, avrà le sue ragioni", mentre Simone, presa la sua gamella, si era allontanato in silenzio. Gli altri, intanto, avevano incominciato a mangiare, in fretta, evitando di guardarsi. Poche parole borbottate al vicino a bassa voce e solo qualche imprecazione, isolata, avevano tagliato l'aria.
Poi il silenzio, rotto soltanto da quel ruminare, quasi bovino, di mascelle in azione.
Poi il silenzio, rotto soltanto da quel ruminare, quasi bovino, di mascelle in azione.
"Non possiamo continuare a tacere; non possiamo e non dobbiamo!" aveva sibilato Mario tra i denti, guardandosi intorno alla ricerca di un appoggio, di una risposta, di una reazione ma i compagni, uno ad uno, pur ascoltando e annuendo, appena finito in fretta di mangiare e dopo essersi sgranchiti le gambe, erano rientrati nello stanzone e avevano ripreso il lavoro, gli sguardi bassi che tradivano, come il passo strascicato e quelle spalle un po' più curve, il sentimento dominante: una cupa, opprimente rassegnazione.
Dopo pochi minuti il lavoro era ripreso e Bepi, passando accanto a Gualtiero, gli aveva sussurrato: "Aspettami, ci vediamo alla chiusura al deposito attrezzi". E così era stato, e così lui, Gualtiero, aveva raccontato al sorvegliante quanto era successo... E così Mario era stato arrestato.
Avrebbe potuto tacere, ma aveva scelto di parlare. Perché? Da che parte aveva deciso di stare? Be', sempre dalla stessa parte, con i fascisti. Desmo cosa gli avrebbe suggerito, se non di fare ciò che aveva fatto? Quelli come Mario, in fabbrica, quelli come Ninetto, in campagna, se non fossero stati spazzati via dai fascisti, avrebbero impedito al Paese di progredire, di diventare... Cosa? Cosa stava diventando il Paese? E lui, Gualtiero, chi era? Be', dato che non sarebbe stato padre, non era più un contadino, almeno sarebbe stato un buon fascista. Non erano questi i pensieri che l'avevano tormentato, fastidiosi come zanzare estive, avvelenandogli il ritorno al paese? Magari l'avrebbero promosso sorvegliante, al posto di Bepi, e avrebbe portato a casa più soldi e Marilena l'avrebbe guardato con altri occhi... Forse.
(continua...)
http://falilulela.blogspot.com/2011/07/storia-di-nebbie-e-acquitrini-puntata_09.html
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