Riflettevo, l'altro giorno, sulla mia quasi paranoica passione per la scrittura. E' difficile tradurre in parole emozioni o sentimenti: è veramente difficile. Mi chiedevo, inoltre, quanta parte di questa difficoltà scaturisse dall'educazione ricevuta.
Se qualcuno mi chiedesse di descrivere, in poche righe, il dolore?
Il dolore saliva, invadendola da capo a piedi, lacrime, trattenute a stento, le buciavano gli occhi. Era sul punto di scoppiare...
E'questa la descrizione che traduce ciò che a volte ho provato?
Proviamo ad essere più sinceri.
Il dolore arrivava a ondate, ondate che si susseguivano incalzandola, senza lasciarle spazio, sommergendola, togliendole il respiro. La testa le girava intorno a poche parole, ossessive, che non riusciva a pronunciare. Per pochi secondi s'illuse di non aver capito, ma fu un sollievo momentaneo..
Tentiamo ancora.
Aprì la bocca per respirare e boccheggiò cercando invano un po' d'aria, una via di fuga.
Capì di essere accerchiata, imprigionata, braccata, in balia di un dolore dilagante, nero come una notte abbandonata dalla luna, aspro come un terrore infantile, bruciante come una ferita inferta all'orgoglio.
Oppure:
Il dolore provato avrebbe sfigurato per sempre la sua anima, rendendo il suo sguardo
azzurro freddo come un lago d'inverno, oscurato da brume e spazzato da un vento di tramontana.
E se:
Il dolore la ingoiò, svuotandola di tutto ciò che era stata.
Scrivere è aprire, o meglio spalancare, la porta dietro la quale ci nascondiamo per mostrare ciò che pensiamo di dover essere.
Scrivere è diventare maleducati, arroganti e presuntuosi, perchè l'educazione è limite, contenimento, regola imposta da altri, e la scrittura è un fiume in piena che scavalca gli argini, che dilaga ovunque, che si appropria dell'attenzione altrui, segregandola.
O, perlomeno, tenta di farlo... Penso.
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