La casa, piccola e ordinatissima, le procurò un senso d’angoscia che si sforzò, invano, di controllare. Poi, con un sospiro aprì uno scatolone e incominciò a avvolgere nella carta da giornale piatti e bicchieri della credenza. Sigillò il primo scatolone; ne riempì un secondo, un terzo, cercando di tenere a bada i ricordi. In quella casa era cresciuta, riconosceva quasi tutti gli oggetti che le passavano tra le mani. Sua madre, ordinata fino alla pignoleria, aveva conservato tutto. Con una certa sorpresa notò che non c’era nulla di spaiato: tutte e dodici le tazzine, tutte e dodici le posate, al gran completo il servizio di piatti.
Andò nella camera da letto. La cassapanca, con la chiave infilata nella serratura, la incuriosì. Non l’aveva mai vista aprire da sua madre e non aveva idea di cosa contenesse. Girò la chiave e sollevò, esitante, il coperchio con la sensazione di violare un luogo riservato, non suo. Sul fondo, come un papavero spezzato adagiato con cura, un vestito, il suo vestito da carnevale… E l’unica festa da ballo della sua vita le tornò alla memoria, prepotente, sensuale come quella strega rossa di riccioli e d’abito, che ballava di nuovo davanti ai suoi occhi, mentre il cielo grigio e spento di quel pomeriggio d’inverno si faceva nero e fondo, pieno di stelle, e la musica incalzava, scoppiando come fuoco d’artificio. Sfiorò la stoffa con le dita per dimenticare il profumo di quella notte, e le mani di quell’uomo, e la sua bocca.
Aprì gli occhi.
Incrociò lo sguardo di sua madre, incorniciata d’argento sullo scrittoio. Gli occhi scuri, neri come
un cielo in tempesta, avevano sfiorato l’abito sgualcito, i riccioli sfatti…gelandosi.
Seppellendo il ricordo della madre, il rancore e il suo unico amore in un gesto, abbassò il coperchio.
Lo sentì rinchiudersi con un tonfo sordo.
Ma che bello!!! FInalmente un tuo racconto!Ne sono proprio ammirata. Una vita,anzi due vite, racchiuse in una pagina. Mi piace, mi piace davvero tanto!
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