Se dovessi dare un volto, un corpo alla Parola le darei di Monna Lisa il sorriso che, rappresentazione pittorica dell’ambiguità, in uno stiramento di labbra e un riflesso nello sguardo tutto contiene.
Agli occhi darei l’innocenza di un bambino,perché la parola è coltello e freccia ma solo in mano a chi di anime è assassino.
I capelli li vorrei ricci, scomposti, selvaggi come criniere di puledri al galoppo, perché bastano una enne e una o per scardinare un impero.
Il corpo dovrebbe essere maturo, ma testimone di un’antica grazia perché è l’età che ci induce al silenzio, al risparmio assennato delle parole di cui abbiamo abusato fin troppo ed è in poche parole che si può sintetizzare una vita e la sua bellezza.
Con:” E’ una splendida bambina” si nasce, con un laconico: “Non c’è più” si muore.
Nel mezzo il silenzioso affanno del vivere.
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