La sera calava sulla città e lo sciacquio dell'acqua sovrastava ogni altro suono nelle calli ormai quasi deserte. Kappa camminava con apparente disinvoltura, conscio di essere seguito. Teneva d'occhio l'approdo dei vaporetti, pronto a balzare sul primo mezzo in arrivo. Probabilmente l'uomo alle sue spalle l'avrebbe seguito. Intravide alla sua destra una sagoma in movimento che puntava sull'approdo. Scartò in quella direzione e con un salto salì a bordo. Con la coda dell'occhio registrò una presenza alle sue spalle e, lentamente, con assoluta disinvoltura si girò, appoggiandosi alla parete divisoria che era quasi dietro alle sue spalle. Alzò gli occhi e incrociò uno sguardo, attento e...vagamente ironico. L'uomo, vestito di nero, era alto, ben piantato ma, facendo queste considerazioni Kappa non potè fare a meno di notare in lui una sorta di perfezione estetica eccessiva: era finto! Sì, finto come lui, inguainato in una simil pelle, ciglia troppo lunghe e ricurve, bocca perfettamente disegnata, mascella quadrata, denti scintillanti. Intorno a loro la folla anonima che prendeva il vaporetto per recarsi a scuola o al lavoro: adolescenti brufolosi, ragazze dal girovita abbondante, giovani uomini con gli occhiali e un accenno di calvizie, uomini un po' più maturi inquartati, massaie dalle gambe forti.
Due ragazze sedute in prima fila li avevano notati: si distinguevano nettamente, erano troppo perfetti per passare inosservati. Avrebbe mandato un rapporto a Urano quella sera stessa corredato di fotografie della folla che vagava per la città. Lui e il suo pedinatore sarebbero stati crdibili soltanto a una sfilata di Armani, ma lì in mezzo all'anonima moltitudine stipata sul mezzo di trasporto cittadino, attiravano decisamente l'attenzione. Scese alla fermata successiva. L'uomo lo seguì. Kappa avrebbe potuto, impegnandosi, seminarlo. Ormai conosceva bene la città, ma decise di non farlo e con lentezza studiata arrivò davanti al suo albergo. Entrò, salutato dal portiere.
Con la coda dell'occhio vide che l'uomo che l'aveva seguito, si fermava a osservare la vetrina di un negozio.
Prese l'ascensore e salì.
Era partito da Urano l'ordine di seguirlo? Qualcosa li aveva insospettiti?
Entrò nella sua stanza e si distese sul letto. Il profumo di Dorina aleggiava nella stanza, il desiderio del suo corpo minuto e tiepido gli salì dal ventre intorpidendogli il cervello. Dietro alle palpebre abbassate la sua bellezza gli danzò davanti agli occhi, mentre un pensiero gli saettava nella mente, logico e consquenziale: non era anche Dorina un po' troppo perfetta? Si addormentò con quella domanda piantato nella mente come un chiodo conficcato a martellate. (continua)
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