Ieri sera da Santoro sfilano di nuovo le immagini devastanti del terremoto, si accendono le polemiche e gli schieramenti contrapposti si delineano con chiarezza, mentre le magagne stantie di un Paese che non cambia, l'intreccio melmoso di politica e mafia, il volto bieco del potere che esibisce pietismo perché non ha anima per esprimere pietà, occupano la scena. Poi in quel dejà vu arcinoto irrompe un soffio di freschezza: due ragazzi sono davanti a un microfono nel luogo dell'orrore: poche parole di lui, un po' impacciato di fronte alle telecamere, poi, il microfono passa a lei. Sicura, dice, ripete, ribadisce decisa quel suo "Noi siamo il futuro, il vostro futuro e ci dovete tutelare, ci dovete permettere di averlo, di viverlo questo futuro.."
Scatta, sentito, l'applauso. Intuisco che soltanto dalla loro forza vitalistica scaturirà il cambiamento e che, se un futuro non glielo concederemo, giustamente se lo prenderanno perché è loro di diritto, per legge di natura. E mi rinasce dentro la speranza mentre quel volto, serio e deciso di ragazzina diventata donna in una notte di terrore, mi riconcilia con la vita.
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