Anni fa, mi capitò tra le mani “Leggere Lolita a Teheran”, la storia di Azar Nafisi, insegnante universitaria iraniana e delle sue ragazze, un gruppo di studentesse che si riunivano nella casa di Azar, per leggere e discutere di letteratura occidentale. Sveglie, intelligenti e piene di curiosità cosa volevano sapere? Cosa si dicevano in quei pomeriggi tra una tazza di tè, un cioccolatino e un rombo di aerei nemici che sorvolava la città, scaricando bombe sulle loro case?
Volevano conoscere l’altra faccia della luna, quella che nel loro Paese veniva negata, messa all’indice. Volevano sapere per discuterne tra loro, liberamente. Volevano parlare di politica e diritti, sessualità e libertà. Sì, volevano parlare di tutto, senza censurare i pensieri e le parole che avrebbero usato per esprimerli. Volevano leggere gli scrittori occidentali e cominciarono da Nabokov, da quel libro “Lolita” considerato scandaloso, osceno.
Ricordo quella loro cresciuta intellettiva e umana, le confidenze che si facevano più spinte, i discorsi sulla sessualità, il bisogno di libertà che faceva capolino e cresceva mentre le vesti nere che indossavano diventavano, per alcune, mortificazione di una bellezza che non era più soltanto del corpo, ma anche della mente. La capacità critica emergeva prepotente, i processi logici si facevano stringenti, consequenziali mentre il desiderio di libertà diventava più forte di giorno in giorno. La loro insegnante, liberandone le menti, le sospingeva verso la libertà dei corpi, delle idee, delle parole. Sempre più difficile risultava paludarsi in neri abiti, nascondere i capelli, accettare la proibizione anche del canto, mentre cominciava a apparire assurdo non uscire con un uomo, non scegliersi un compagno, chinare la testa e continuare a essere sottomesse.
Vedendo morire quella giovane, bellissima ragazza, i jeans macchiati di sangue, le mani disperate del suo ragazzo a raccoglierne il capo, a cercare di frenare l’emorragia di sangue che se la sarebbe portata via in pochi minuti, ho pensato a quel libro.
Ho pensato a Azar e a quelle ragazze.
A tante oscure Azar.
A tante oscure ragazze.
Alla stupidità di chi pensa che il bisogno di libertà si possa soffocare, quando esplode.
A colpi di pistola.
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