Sigismondo dal finestrino della carrozza vedeva scorrere il paesaggio che le prime avvisaglie dell'autunno velavano di nebbie mattutine. L'arroganza dei colori estivi cedeva il passo, sfumando, ai toni dell'ocra e del marrone. Ricordi d'infanzia si affastellavano nella sua mente: rivedeva la madre salutare il marito, tenendolo per mano, mentre l'uomo si chinava a baciarlo e, senza voltarsi indietro, saliva quasi correndo lungo la scaletta del veliero che si staccava dalla riva puntando, maestoso e terribile, con le vele che raccoglievano il vento e le bocche da fuoco lucide e oliate, verso il mare aperto, sulla scia degli altri che lo precedevano: il volto intatto di sua madre - giovanissima - che arrossiva sotto la parrucca bianca e il velo della cipria... E rivedeva la stessa nave avanzare nel chiarore dell'alba e attraccare in un silenzio irreale, mentre uomini stanchi, feriti nell'anima e nel corpo, cominciavano a scendere cercando nella folla di donne e bambini in attesa...Erano rimasti fino a quando tutti gli uomini erano scesi e la brezza aveva smesso di soffiare e anche il sorriso era scomparso dal volto di sua madre che, stringendolo tra le braccia, aveva ripreso la strada di casa. Poi, era vissuta, viziandolo e coccolandolo, per lui che l'aveva abbandonata...
Si fermarono a una locanda per mangiare e sostituire i cavalli, stremati e lucidi di sudore. Un'ansia immotivata spingeva il Veneziano a gridare "Presto, presto" al cocchiere, mentre il paesaggio mutava in quello tipico lagunare e un'eccitazione insolita, un tremore interno gli facevano brillare lo sguardo. Tornava a Venezia, la sua Venezia di cui cominciava a scorgere qualcosa, quasi un baluginio d'oro lontano, nel cielo che scuriva, mentre l'odore stantio dell'acqua immota gli solleticava le narici. Lo sentiva o lo ricordava?
La città, da miraggio appena intravisto, si andava materializzando - o ancora immaginava? - in tetti, cupole, campanili, sussurri, sciabordio d'acqua, rumore di passi e suoni di risate. Quando, lasciati nell'ultima locanda sulla terraferma carrozza e cocchiere dopo essersi vestito da paggio con la maschera sul viso, imboccava la via d'accesso alla città, proseguendo a piedi e avventurandosi nell'intrico di calli della città d'acqua, il cuore gli batteva forte come a un appuntamento galante quando il desiderio scorre così violento nelle vene che sembra di volare. Era così emozionato Sigismondo, così preso da quelle strette viuzze che ritrovava e che gli sembrava lo riportassero non solo a un luogo lontano ma anche a un tempo passato che sembrava ritornare, da pensare che fosse possibile imboccare la prima via a destra e poi la seconda a sinistra, attraversare la piazzetta, salire su quel ponte, delicato come un pizzo, per trovarsi davanti al portone del suo palazzo, alzare gli occhi a inquadrare le finestre tutte d'oro e sua madre che lo attendeva, sbirciando dietro alle tende...
Era così distratto da non aver notato che nel turbinio di risate, fruscii di seta e voci che si rincorrevano, un Arlecchino non lo perdeva d'occhio e il suo costume colorato appariva e scompariva nella sera che ormai avvolgeva la città, mentre i suoi passi ritrovavano itinerari mai dimenticati nella città che l'acqua, instancabile, circondava e cullava.(continua...)
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