" E Il Moro, nonna, come fu l'incontro con Il Moro?"
" Be', piuttosto freddo, un po' formale. Anche se il destino aveva incrociato le loro vite, Sigismondo non si fidava di lui e non gli perdonava né di averlo tradito con Maria né quell'autorevolezza che si sprigionava dal suo corpo maestoso, dallo sguardo che non si abbassava mai davanti a un interlocutore e dal coraggio che il portamento e i movimenti calmi e sicuri tradivano. Il Moro da parte sua lo riteneva non soltanto un vigliacco, ma anche il degno rappresentante di un mondo che, anche se in fase di avanzata decomposizione, per lui sarebbe stato comunque e sempre inaccessibile. Era rimasto strabiliato nel venire a conoscenza dell'identità dell'uomo di cui tutti parlavano, attribuendogli buona parte del merito nella sconfitta subita dai pirati e ancora non riuciva a capacitarsene. Covava inoltre come l'altro un'invidia di fondo che, pur rendendo difficili i loro rapporti, contribuiva però ad alimentarli, perché a unirli in un legame, tormentato ma saldo, c'era anche quella donna, non del tutto consapevole di quella provocante bellezza e dell'impatto che poteva avere sugli uomini che la circondavano. Anche la figlia stava crescendo dotata della stessa grazia della madre, i lineamenti infantili perfetti che ne facevano presagire il futuro splendore.
" Diventò bella come la madre, nonna?"
" Sì, questa antenata della quale rimase un ritratto, ci ha lasciato in eredità questi lineamenti, il portamento ma anche la iattura che spesso si accompagna a ciò che esula dall'ordinario. Una donna troppo bella spesso paga con una vita difficile questo dono che il destino alla nascita le concede".
" E Sigismondo si adattò a vivere e, soprattutto, che lavoro fece per..."
" Be' la padrona della locanda che non aveva figli, rimasta vedova, si affezionò molto a Maria e alla figlia. Col tempo la sua fiducia aumentò e alla sua morte Maria risultò essere l'unica erede".
" Ma Sigismondo... oste?" chiese stupita Mielita.
" L'oste era una figura importante nella gerarchia sociale del tempo e la Serenissima, che comandava ancora su quelle terre, la teneva in notevole considerazione. L'osteria, come la chiesa per le donne, era il luogo d'incontro degli uomini e di conseguenza l'oste era la persona idonea a fungere da intermediario tra il potere centrale a i luoghi periferici soggetti all'influenza di Venezia. Conosceva infatti tutto di tutti e davanti al suo bancone prima o poi non c'era uomo del paese che non passasse. L'unico creditore scampato alla furia del Moro non si fece più sentire, anche perché Sigismondo aveva di che vivere, ma con la distruzione del magazzino il suo patrimonio era andato perduto e non avrebbe avuto più nulla su cui rivalersi. Passarono così anni relativamente sereni per I Dellapicca sottratti al tourbillon provocato dalla Rivoluzione francese e dall'ingresso, sulla scena del mondo, di Napoleone Bonaparte. Ma questa, Mielita, è un'altra storia e non sarò io a raccontartela. (continua...)
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