lunedì 2 novembre 2009

Alda Merini

Abitavamo nella stessa zona, a Milano. Mi capitò un giorno d’incontrarla e salutarla, intimidita e con un certo impaccio. In lei il rifiuto della normalità era obbligo, non scelta. Di Alda Merini ricorderò gli occhi dove dilagava la sciagura, la iattura di essere agnello in un mondo di lupi, e lo sguardo che scivolava sull’interlocutore smarrendosi in altri luoghi, lontani e inviolati, di cui portava nell’anima la meraviglia e sulle spalle il peso. Destinata a descrivere le offese filtrandole in chiare luci di cristallo in prigioni dimenticate, si privò – fu privata? - di ogni difesa.
La guardai avanzare a fatica sul marciapiede sconnesso dei Navigli. Non osai fermarla.
Sontuosamente “diversa”… vestì il dolore di abiti regali, di leggerezza e di bellezza.
Non la dimenticheremo.

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