Dov'è finita la passione? E' passata di moda, non si usa più? La passione vera, che ti ingoia in un boccone, ti fa sentire la fame soltanto all'ora di cena, mentre ti stai chiedendo "Ma cosa cavolo ho mangiato a pranzo che non me lo ricordo?" e ci pensi pure su per qualche secondo prima di realizzare che sei a digiuno... Perché la passione è famelica, oggi diremmo bulimica, si nutre di sé, si sazia dell'oggetto del proprio amore. E divora.
Gli amanti spesso sono magri, quasi febbricitanti, in preda - il linguaggio è significativo direbbe Lacan - al desiderio, l'altra faccia della passione, che non è voglia, ambizione, simpatia o attrazione. E' una domanda che non può essere elusa, è tuono, boato, urlo, attesa che si fa spasmodica rendendo il tempo lento come la Quaresima. Se passione d'artista è brama di perfezione, irragiungibile ma perseguibile. E' marchio di diversità, è giogo a cui si deve sottostare. E' la schiavitù che aprirà le porte della Terra Promessa.
Circola? La cogliete in giro? O ne cogliete soltanto la recita stantia?
Ti chiede l'anima, il tuo tempo, la tua forza, il tuo talento; in cambio cosa ti dà?
Non c'è scambio: può darti tanto, poco o nulla: è un patto leonino che nessun codice regolamenta. E' dare senza avere, è fare senza chiedere, è velegggiare nei grandi spazi senza paura.
In un mondo dominato dal denaro è fuori luogo, imbarazzante, sguaiata. Imprevedibile, quindi temibile. Se non è presa a piccole gocce è un veleno. Comprata, diventa l'ombra di se stessa, il fantasma dell'Opera, la museruola per un cane, il dejà vu. Quella che ci circonda della passione vera è solo lo sbiadito ricordo.
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