Il giardino di Gloria sembrò trattenere il fiato, come la sua proprietaria, nell'attesa.
"Nel cassetto della scrivania di mio padre trovammo tra le sue carte una fede".
"Una fede? Non capisco il collegamento... " mi interruppe Gloria.
"Fu mia madre a ricordare. Mio padre al suo ritorno dalla prigionia le aveva consegnato un fagotto, ordinandole di bruciarlo ma - noi donne siamo curiose e... gelose - lei, prima di obbedire, lo aveva aperto".
"Cosa conteneva?"
"Un camiciotto a righe, la divisa dei prigionieri di Auschwitz, un tozzo di pane raffermo... "
"E?" La voce di Gloria era un sussurro mentre si piegava su di me e la parata di spettri ci circondava: in attesa.
"La fede".
Mi guardò delusa, quasi arrabbiata.
"All'interno dell'anello erano incisi un nome e una data".
Riacquistò colore mentre io le rispondevo: "Non ricordo nessuno dei due. Mi dispiace... "
"E... quell'anello? Lo possiede ancora tua madre?"
"Non lo so, non ne ho idea. Mia madre è anziana, malata... Forse è ancora lì".
Gloria sembrò essere colta da una incontenibile frenesia. Si alzò e si sedette di nuovo, lo sguardo che vagava sul giardino senza vederlo.
"Non puoi telefonarle?" mi chiese.
"Adesso?" le risposi interdetta.
"Lo sai da quanti anni aspetto? Ti prego... , aggiunse e , per la prima volta da quando la conoscevo, sembrò guizzarle nello sguardo una fiammella di vita, un'emozione autentica. Ma era odio quello che le era esploso nello sguardo, era il veleno che le aveva ucciso l'anima.
"Oppure potremmo andare da lei. Cosa ci vuole: abita ancora a Trieste, se non sbaglio?"
"Ma dovrei chiedere due giorni di permesso sul lavoro. E' possibile che non ricordi nemmeno lei il nome e, quasi sicuramente, avrà dimenticato la data incisa sull'anello. Diversamente da noi due è ordinatissima, quasi maniacale nel suo bisogno di perfezione domestica".
"Non ti ho mai chiesto un favore... " mi disse.
Io abbassai gli occhi perché non le avevo detto tutta la verità. Le avevo taciuto una cosa. Un particolare importante!Non essendo abituata a mentire, mi sentivo a disagio e non mi era nemmeno chiarissima la motivazione del mio comportamento. Tentai di trovarmi delle giustificazioni: Gloria aveva cercato in me un'amica o era già al corrente di qualcosa? La sua ambiguità, il suo bisogno di riservatezza non mi convincevano. Avevo la sensazione che nascondesse qualcosa e in quello strano gioco tra noi - dove il non detto superava di molto quello che avevamo già scoperto una dell'altra - ora ero io a essere in vantaggio.
"E se mi raccontassi tutto?" le proposi.
Il silenzio del giardino fu squarciato da un tuono. Una goccia di pioggia le scivolò sulla guancia. Pochi secondi dopo il temporale infuriava e non soltanto nel cielo, improvvisamente livido, sopra la casa. (continua... )
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