martedì 1 giugno 2010

La casa delle bambole - racconto a puntate - (n°25)

"Pronto" esclamai, la voce strozzata.
"Mio Dio, stai bene?"
Era una collega - il mondo continuava a girare come sempre  - non riuscii a fare a meno di pensare mentre, cercando di apparire normale, rispondevo, concludendo la telefonata a tempo di record, con la prima scusa che la mente riusciva ad agguantare.
Enrico mi osservava pensoso, attento a ogni mio gesto, presente, la sensazione di calore che mi trasmetteva avvolgente come una coperta in una di quelle notti invernali in cui la casa geme sotto il vento e le finestre rimandano buio e gelo, e tutti i fantasmi che teniamo a bada abitualmente si scatenano invadendo i nostri sogni decisi a trasformarli in incubi.
"Non so cosa avrei fatto..." gli sussurrai senza riuscire a completare la frase, interrotta da quella sua scrollata di spalle, quella ritrosia di fronte ai complimenti che né il tempo né i successi professionali e artistici avevano modificato.
"Quando tutto sarà risolto, ne parleremo" mormorai, mentre la paura mi riafferrava, si faceva sangue e respiro, mi chiudeva la gola incupendomi  lo sguardo, e la conta spasmodica dei minuti dava al tempo una valenza diversa.  Solo chi ha provato il tempo angoscioso dell'attesa di un evento sottratto alla sua volontà conosce quella dilatazione dei minuti che sembrano trasformarsi in ore, voragini  in cui precipitiamo con la sensazione di essere finiti per errore in una dimensione sconosciuta che ci imprigiona e ci opprime.
Distesi sul letto, ormai pieno di di briciole, condividevamo  panini e parole, brevi momenti di riposo - quando la tensione si faceva insopportabile e la mente cedeva al sonnno - abbracci, sospiri e carezze, mentre fuori,  là nel mondo che non sembrava più appartenerci, continuava la sarabanda dei clacson,  lo sferragliamento dei tram, il vocio della gente che dopo essere aumentato di tono si era fatto,  verso sera, bisbiglio per poi smorzarsi  del tutto  cedendo il posto ai suoni e rumori caratteristici della notte.
Il trillo della sveglia mi fece sobbalzare, mentre l'angoscia si svegliava con me e il primo baluginare del giorno
sbiancava il cielo ancora luccicante di stelle.
Enrico, al mio fianco, mi attirava a sé, la guancia ispida di barba non rasata che mi strappava un sorriso.(continua..)

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