.Era un capo nato, il
Professore, e nessuno avrebbe osato mettere in dubbio la sua autorevolezza,
anche se ora dormiva abbandonato sul sedile accanto al guidatore e, raggrumato
nel mantello troppo grande, sembrava un ragazzetto, svegliato dal padre troppo
presto per portarlo al lavoro, strappandolo al sonno
.Viaggiarono tutta la notte
tra boschi e strade secondarie, fermandosi pochi secondi per vuotare una tanica
di benzina nel serbatoio, e poi riprendere il viaggio. Avevano come meta la
Svizzera, ma non sapevano ancora se si sarebbero fermati in quel paese... Forse
avrebbero raggiunto la Francia
.L'uomo al volante frenò
dolcemente, passandosi una mano sul volto stanco.
"Devo sgranchirmi le
gambe" borbottò, uscendo dalla macchina
.Il silenzio del bosco li
circondava, interrotto, a tratti, da un frullo d'ali o da un cinguettio d’uccello.
"C'è ancora del caffè; ne vuole un goccio, Professore?"
"C'è ancora del caffè; ne vuole un goccio, Professore?"
Mario, l'operaio che era
andato a prelevarlo nella sua casa, si stagliava, scuro e quasi mastodontico,
contro i rami degli alberi che li circondavano. Incerto, nell’intrico del bosco,
filtrava il primo chiarore dell'alba.
L'uomo, raggomitolato sul
sedile della macchina, sembrava assorto, perso nei suoi pensieri.
"E' freddo, lo so, ma non abbiamo di meglio... "
"E' freddo, lo so, ma non abbiamo di meglio... "
"No, grazie, ma non
perdiamo tempo. Andiamocene di qui... Non vorrei che qualcuno ci avesse
inseguito: quel Debosi non molla la preda, che Dio lo fulmini!"
Mentre la macchina ripartiva,
un raggio di sole s'insinuò tra i rami degli alberi, accendendone di rosso le
foglie.
(continua... )
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