Spalancò le imposte su quello che
ormai sembrava un paesaggio lunare: bianco, gelato. Era una domenica di
febbraio, l’orologio segnava le sette… un accenno di luce, cui la neve
conferiva una lucentezza anomala, annunciava il giorno. Le giornate si stavano
allungando – pensò. E sorrise. Che cosa sarebbe cambiato per lei? Freddo o
caldo, neve o pioggia influivano ben poco, ormai, sui ritmi della sua giornata.
Era la sua malattia a impostare la danza, a scegliere il ballo che si faceva di
stagione in stagione più gravoso: i movimenti sempre più lenti, l’equilibrio
incerto, i dolori più forti, i pensieri confusi. Cosa le aveva detto sua
sorella – anche la memoria cominciava a vacillare –, ah sì: “Ti sembra di
essere logica?” Sapeva cogliere ogni sua defaillance. Implacabile.
Quanto alla logica, l’uso che ne
aveva fatto nella vita era stato altalenante: nei sentimenti non se n’era servita molto. Anzi per
nulla, altrimenti non avrebbe portato avanti per anni quella lunga, tormentata
storia d’amore con un uomo che l’aveva amata poco, e male. Non si sarebbe
sacrificata tanto per i figli, sempre convinta che le parole e l’affetto
avrebbero finito per dare i loro frutti, che una mattina se li sarebbe trovata
di fronte maturi, tranquilli… equilibrati. Cresciuti insomma, fuori per sempre
dalle brume di quelle difficili adolescenze che erano state la loro e la sua
dannazione.
La logica l’aveva usata nell’organizzazione
pratica di una vita difficile, nell’infilare in una sola giornata la cura di
tre figli, un lavoro portato avanti con rigore e il tran tran, ripetitivo ma
indispensabile, dei lavori domestici. Tutto da sola. Il padre dei figli
assente, sotto tutti i profili, quell’amore a senso unico, qualche amicizia
vera e, nei momenti peggiori – ed erano stati non pochi – sua madre, l’unica a
darle un aiuto pur rimproverandole quel divorzio, celato alle sue amiche per
anni, quasi si fosse trattata di una vergogna da nascondere con ogni mezzo.
Forse era stata proprio l’assenza
di logica a salvarla, a consentirle di reggere quella vita durissima.
Perché lei amava la vita, anche
la sua, quella vita che aveva orari da “ bergamino”: fatica tanta e soldi
pochi. E problemi sempre, e soddisfazioni… quasi mai. Ma a lei bastava.
A modo suo era stata felice,
illogicamente felice.
Ora, da tempo, il gusto della
felicità l’aveva dimenticato, ma l’amore e la curiosità per la vita, quelli, incrollabili
e tenaci, continuavano a resistere.
Sordi a ogni logica.
Lasciò cadere qualche briciola di
pane sul davanzale e tornò a letto… sapeva che sarebbe arrivato un pettirosso, reso meno prudente dalla fame.
Succedeva sempre d’inverno, quando nevicava.
Bella. Pirandelliana: frase breve e pensieri lunghi.
RispondiEliminaSalvatore Lo Leggio