Anziano non mi piace, è burocratico: il problema degli anziani, la loro solitudine, gli acciacchi, la crescita della popolazione anziana... no, no, preferisco di molto la parola vecchio. E allora l'isolamento dell'anziano diventa la solitudine del vecchio, frutto di una sua scelta, non decisione degli altri a suo danno, ma selezione, uso oculato del poco tempo che rimane a disposizione per vivere meglio, scegliendo con chi trascorrerlo. Non più dovere ma piacere di comunicare.
Se gli anziani sono un peso, i vecchi potrebbero essere una ricchezza. Sono sinceri, non hanno più la voglia né la capacità di reggere il peso delle bugie, l'attenzione che richiedono, gli aggiustamenti continui che impongono alla realtà perché, fasulla, risulti credibile. I vecchi possono concedersi il lusso di essere sinceri perché non hanno più nulla da perdere; finito il tempo dei progetti, dei cambiamenti - l'ultimo, quello definitivo, la morte, avverrà, come la nascita, indipendentemente dalla loro volontà - possono assaporare il presente, scaldare al sole la loro vecchia pelle di tartarughe, osservare senza ansia ciò che avviene, incamerare ancora un po' di saggezza e di esperienza (è la seconda che si porta dietro la prima) curiosare per scoprirsi sorpresi, ancora e sempre... Un amico mi diceva che si è vivi fino a quando si desidera perché il desiderio non è un progetto, è una curiosità da soddisfare svincolata da scadenze obbligate. Non furoreggia come un fuoco estivo, non esplode come una bomba, non urla... il desiderio, nei vecchi, sussurra e scalda, si ammanta di rughe ma anche di comprensione e tolleranza riportando alla memoria i ricordi, depurati dal rimpianto.
Il vecchio, pur ingabbiato dagli acciacchi, scopre una libertà di essere che non aveva mai conosciuto prima perché, come accade per i bambini, non viene più osservato con attenzione e,se esce dagli schemi, al massimo si prenderà del rimbambito. La vita non si scopre mai del tutto, in rari momenti s'intravede, ma soltanto da vecchi si accetta di viverla anche senza capirla, soltanto da vecchi si soffre meno (oppure si è tanto avvezzi alla sofferenza da non sentirla quasi più) e si perde buona parte della propria arroganza, cominciando a sorridere di quella altrui.
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