Hanno tagliato anche gli alberi del giardino: quei due pini altissimi, maestosi che ingentilivano il condominio vecchiotto e un po' malconcio nel quale abito. Erano malati... Perché io non lo sono? Ma, soprattutto, toglievano spazio alle automobili da parcheggiare. Be', ora , quando apro le finestre il mio sguardo dilaga su un garage a cielo aperto; il giardino è diventato un cortile, un brutto cortile.
Interdetti alcuni merli zampettano sul tettuccio di una macchina, poi svolazzano all'intorno. Credo stiano cercando i pini. Anche loro.
Adieu alla Miki, ai pini, al Pd.
Sono triste.
E' una "poesia in prosa", con certe sue clausule ritmiche che rinviano alla metrica canonica: così l'ottonario "Interdetti alcuni merli" all'inizio della frase che funge da chiave di volta, cui fa da specchio l'ottonario che la chiude, "poi svolazzano all'intorno". Tematicamente la lirica si riconnette alla grande tradizione poetica italiana con cui dialoga (ne sia o no consapevole l'autore). Il breve racconto rammenta, infatti, un testo tra i più noti (ma non tra i più belli) del Pascoli, "La quercia caduta", poesiola con risvolti moralistici e sentenziosi, ma con un finale struggente e memorabile ("nell'aria il canto di una capinera/ che cerca il nido che non troverà"). Qui l'abbattimento utilitaristico dei pini maestosi è più fortemente inserito nella storia, individuale (la malattia, quel riferimento apparentemente incomprensibile alla Miki, persona o animale, certo un'amica!) e collettiva (il degrado dell'ambiente e della vita civile). Intenso è poi quel finale secco e povero, che a me ricorda Cendrars, il finale della "Prose du Transsibérien" ("je suis triste, je suis triste"), ma qui privo di ogni decoro o esemplificazione, ridotto a essenza. "Intensità va con semplicità", recita Cremonte.
RispondiEliminaBello, molto bello. Anche se tanto triste.