martedì 16 aprile 2013

Paole, soltanto parole...

Ho parlato tanto... Troppo? Insegnante, madre e persona innamorata delle parole. Come madre ricordo bene le prime parole pronunciate dai miei figli: mamma dal primo, apa (acqua)  dalla figlia minore e Bao (Ubaldo) il nome del fratello maggiore dalla seconda figlia. Hanno scelto loro la prima parola da usare. La seconda deve essere stata pappa (o papà): una parola sola per soddisfare bisogni e desideri in un colpo solo. Cibo e affetto - cosa si può volere di più? Con Bao è arrrivata anche mamma, quasi contemporaneamente a pappa. Ho letto loro tante favole, filastrocche, i bellissimi libri di Rodari. Qualcosa ho inventato:  racconti e una terminologia su misura per soddisfare le prime curiosità legate agli organi sessuali e per dare loro quella che pomposamente veniva chiamata educazione sessuale (che io non avevo ricevuto). Ricordo il mio imbarazzo e il rifiuto di scegliere tra vocaboli che avevo trovato nei bagni della scuola e parole che avevo sentito solo sulle labbra dei medici. Volevo qualcosa di scherzoso e fantasioso.
Parole d'amore, parole di rabbia, parole per spiegare, consolare... raccontare. Risultato: una figlia che a quattro anni sapeva già leggere e (un po') scrivere, un figlio che a nove anni non aveva ancora imparato né a leggere, né a scrivere, e l'ultima - quella che ancora in famiglia chiamiamo "la piccola" -  muta. Come un pesce. Silenziosissima, leggeva soltanto le istruzioni allegate al ferro da stiro, al robot da cucina, alla cucitrice o al trapano elettrico (quelle istruzioni che io avevo fino a quel momento gettato immediatamente nella spazzatura, imprecando come uno scaricatore di porto al momento dell'uso). Quando un oggetto qualunque si rompeva, lei lo smontava e lo rimontava fino a quando non riusciva a individuare il guasto. Assisteva in silenzio alle discussioni tra noi tre, ma non resisteva sveglia più di qualche minuto... Poi, si addormentava: credo ci trovasse ripetitivi e logorroici.
A scuola, noi insegnanti, oltre al gesso e alla lavagna, cosa avevamo? La parola, sì la parola.
Quando i figli se ne andarono di casa, i nipoti mi fecero capire che preferivano televisione e computer, e gli alunni diventarono un ricordo, io acquistai un computer e aprii un blog sul quale ho scritto tanto... Troppo?
Una mattina, dopo avere scritto l'ennesimo post, l'ho riletto e ho pensato: "A chi mai potrebbe interessare? Non serve elencare le malefatte di Berlusconi, se scendesse in piazza con un fucile mitragliatore e sparasse sulla folla, molti, troppi italiani continuerebbero a votarlo. E' tanto simpatico!" Si profila all'orizzonte, nel mare agitato della politica, qualcosa, qualcosa dai contorni ancora incerti, ma cosa? Oh Cristo, un inciucio... Niente di nuovo sul fronte occidentale avrebbe detto Remarque. Ah, dimenticavo Grillo, Renzi, i "tecnici" e i "saggi", fulgidi esempi del "nuovo che avanza".
Forse abbiamo abusato delle parole, forse le abbiamo usate con leggerezza... Forse è arrivato il momento di tacere...

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