Ho scritto, e detto, tante volte che il Parkinson cambia il carattere, quindi fino qua nulla di nuovo, ma non avevo forse analizzato il problema più a fondo. Sono sempre stata coraggiosa, forse addirittura un po' temeraria. Mia madre mi diceva: "Tra il dire e il fare non hai mai messo di mezzo il mare, tutt'al più un rigagnolo...". Ero impulsiva, decisionista, sempre pronta a vivere un'esperienza nuova, a esaminare un problema da un'altro punto di vista, a modificare un atteggiamento. I cambiamenti mi spaventavano- come succede a tutti - , ma contemporaneamente mi eccitavano perché la curiosità era più forte della paura.
E ora, ora cosa mi succede?
Ho una voglia matta di tornare a Venezia, di vedere quella città ancora una volta, ma poi mi si concretizzano davanti agli occhi quelle stradine strette, quei bar senza seggiole, la mancanza di panchine, la folla che ti sospinge in avanti come una foglia nel vento e i crampi alle gambe , l'instabilità, l'assoluta mancanza di forze ... La prudenza la vince sull'entusiasmo, spegnendolo come una pioggia d'agosto il calore estivo. Mi si parano davanti agli occhi tutte le difficoltà dell'andare e, volete ridere, più l'invalidità segna il corpo, più la mente - unica oasi di libertà che mi rimane - accarezza progetti grandi, anzi grandiosi.
E' giustificata questa paura o è frutto di una percezione errata della realtà? Ho qualche problema di equilibrio: in casa mi è capitato di cadere, ma mai per la strada, Poi, se dovessi cadere sarei soccorsa dai passanti. L'idea di ruzzolare a terra, di sopportare sguardi curiosi e... malevoli mi blocca. Raccolgo spesso, e filtro, sguardi che mi umiliano, che mi etichettano senza pietà e senza ironia, confinandomi a forza in un universo di diversi. Ho scoperto che i diversi non piacciono e io sono "diversamente sana". Ora i pensieri sono diventati velocissimi, ma nel momento in cui li traduco in parole si sfaldano come neve al sole, perdono pezzi facendo apparire il mio eloquio povero, impacciato. Sulla voce stendiamo un pietoso silenzio: monotona, priva di enfasi... Una litania da rosario recitato in chiesa nel mese di maggio. Poi, a condire il tutto, un'emotività dilagante, devastante: mani sudaticce, saliva azzerata, rossore che monta e tremazzo che mi scuote, come se fossi davanti a un collegio di emeriti esaminatori. anche quando mi confronto con la cassiera del supermercato. L'ironia che si perde nel cielo e la paura - di tutto, anche della mia ombra - che monta come un temporale estivo. Ingiustificata assolutamente ingiustificata. Questo è un altro devastante effetto della malattia di Parkinson ...
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