Mi sono immedesimata nella protagonista di “Still Alice”, in
quel suo abbandonarsi a un pianto devastante con il marito, dal quale quasi esige
di essere capita e aiutata, ma anche in quello struggente pranzo di Natale in
cui lei riesce ancora, pur dimenticando un ingrediente qua e uno là, a gestire
l’organizzazione della festa, a esserne l’anima rassicurante di sempre … anche
se sa che il prossimo Natale tutto sarà diverso
E peggiore. E lei vorrebbe gestire il cambiamento – come ha sempre gestito tutto - ma sa che non sarà possibile … Emergono,
nel film, la forza e la debolezza femminili in tutta la loro potente e
inossidabile normalità. La malattia, che tutto travolge e deforma, si arrenderà
soltanto davanti al potere dei sentimenti: la tenerezza dell’amore materno, il
tepore della pietas, la complicità affettuosa
della vita passata insieme al marito. In questa forza del “sentire” e quindi vivere le proprie emozioni Alice, la
protagonista del film, sarà fino alla fine del durissimo percorso che l’aspetta,
“still Alice” …
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