Ti ho preparato biberon di latte, minestre di verdure, frullati e spremute d’arancia. Perché non mangi, bambina mia?
Al tuo primo compleanno - le nonne vestite di colori vivaci, io nera d’umore e d’abito nella casa troppo piccola, troppo stretta per contenere tutta la mia voglia di vivere - affondasti le dita nella torta. Tuo padre sorrideva, annoiato. Io ti sollevai come un trofeo: la mia piccola Nike, la mia vittoria.
Perché non mangi, bambina mia?
Ti lasciai sulla porta dell’asilo, da ladra che fugge. I tuoi occhi che mi cercavano senza capire, sgomenti. Te lo spiegai con le mie poche povere parole che non ti bastavano, che ti ferivano… te lo spiegai che lavoravo.
Come i padri anche le madri lavorano.
Come i padri.
La cartella ti ballava sulle spalle e la mano era diaccia tra le mie, ma entrasti senza piangere nell’aula gialla di sole, la maestra che faceva l’appello, guardando oltre gli occhiali che io non tolsi : frignavo ignobilmente.
Poi il tempo volò, troppo rapido per contarlo, ricordarlo: tu e io ci limitammo a viverlo.
Perché non mangi, bambina mia?
Sei tornata da scuola e sei seduta davanti a me. Sui servizi all’americana fuma un risotto cotto a puntino, i panini sono caldi di forno, il gelato affoga sotto la panna.
Perché non mangi, bambina mia?
Perchè ti affami?
Perché? domando.
Tu non rispondi, mi sfidi digiunando.
Digiunando.
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