Alle spalle delle due bambine s'intravede un Topolino: la guerra era finita da poco e il paese era impegnato nella ricostruzione. Papà, comunista, aveva fondato in Friuli il sindacato dei postelegrafonici e, tra il suo lavoro alla Telve (attuale Telecom) e gli impegni sindacali, non era mai a casa. Per mia madre, data la differenza d'età, era più padre che marito: malinconico, serio, sembrava portarsi addosso il peso del mondo.
Mia madre, giovane e bella, lo aspettava alla sera, percorrendo in lungo e in largo la nostra casa, furibonda per quella vita tra fornelli e giardinetti pubblici, sempre sola o, meglio, una figlia a destra e una a sinistra, "Come Cristo tra due ladroni", diceva... E, intanto lustrava: piastrelle e pavimenti. Non era pulizia, ma perfezionismo maniacal/ossessivo in cui sfogava il suo livore per una vita che le stava stretta.
Quei fiocchi, che sembrano sbocciare sulle trecce, venivano lavati e stirati ogni giorno. I colletti bianchi erano anche inamidati...
Chissà per quale motivo una casa disordinata, una camicia pulita ma spiegazzata, un vetro alla finestra che conservi la traccia dell'ultima pioggia, vengono considerati con un sorrisetto di compatimento, mentre due bambine senza un capello fuori posto, inamidate - anche nella smorfia che difficilmente si potrebbe considerare un sorriso - sedute sul bordo di una poltrona, in una casa lustra che sembra una sala operatoria, assicurano alla loro madre il plauso generalizzato del mondo?
Il perfezionismo è una delle gabbie in cui molte donne si autorinchiudono, gettandone alle ortiche la chiave. Il bisogno - perché di bisogno e non di desiderio si tratta - di essere sempre perfette, con figlie impeccabili sotto tutti i profli, in case dove tutto è lucido, profumato, impeccabile, è una dannazione. Mi sono sempre chiesta se sia un modo di tenere sotto controllo un disordine interno, un'insoddisfazione profonda, una paralisi dei sentimenti e credo sia legato a un bisogno di controllo sulla vita che, con la sua passionalità, i suoi eccessi, il suo grondare lacrime, sangue, polvere e sudore, insozza.
Se lo sguardo è la porta d'accesso all'anima, se il linguaggio è fatto anche di gestualità, queste due bambine, immobilizzate dallo scatto del fotografo, cosa comunicano?
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