La carrozza di Sigismondo filava verso il porto e il conte, la neonata accanto a lui sul sedile imbottito, passava dalla rabbia, dal desiderio di schiacciare la faccia del Moro, la sua testa contro un muro, alla constatazione che dell' ex servitore e attuale socio non aveva notizie da mesi. Dov'era? A ridersela di lui da qualche parte? E se avesse deciso di scomparire, lasciandolo con due bastarde e senxa mezzi, anzi indebitato. Beh, lui era uomo di mondo e qualche debituccio in giro, con l'impegno di pagare tutto e tutti all'arrivo della nave carica di mercanzia, l'aveva fatto. E ora?
La rabbia per il tradimento della moglie lasciava il posto alla paura di ritrovarsi come al suo arrivo a Trieste, a vivere nella squallida locanda della moglie, senza un soldo e senza la forza e l'intraprendenza del Moro. Maledetto nero color dell'inferno! Doveva trovarlo, ma come? Chiedere al porto, far sapere che lo cercava lo avrebbe messo sull'avviso. La faccenda doveva essere trattata con delicatezza e perizia...A chi rivolgersi? E la bambina non poteva riportarla a casa e, mentre si prendeva la testa tra le mani sconvolto, un'idea gli attraversò il cervello, più che un'idea un volto, quello del vecchio Gaspez, l'uomo più potente del ghetto. Si sarebbe rivolto a lui, promettendogli un bel po' di denaro per indurlo a mettere in moto la sua gente e tirare fuori dal suo nascondiglio, come un fagiolo dal baccello, il Moro.
Sigismondo si rilassò, gridò al cocchiere di dirigersi verso il ghetto e, sentendo un vagito provenire dalla coperta accanto a lui, scostò il panno e osservò la neonata. Era bella e...strana.
Sotto i capelli nerissimi il viso aveva i lineamenti da cammeo della madre: gli occhi azzurri, chiarissimi, contrastavano con pelle, scura come quella del padre. Sbarazzarsi della bambina sarebbe stato un errore. Si sarebbe limitato a farlo credere alla moglie, per punirla di ciò che aveva fatto.
La carrozza filava verso il ghetto ebraico e Sigismondo guardava fuori dal finestrino, contrariato, lanciando ogni tanto un'occhiata in direzione della neonata che aveva cominciato a piangere affamata mordendosi una mano, mentre il vento calava d'intensità e le prime ombre della sera si allungavano sulla città. (continua...)
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