Per la mia generazione che l'ha vissuto, il Sessantotto è difficile, molto difficile da valutare anche perché, come fenomeno politico e di costume, ci colse in un'età, la giovinezza, che nei ricordi falsa di nostalgia un'analisi che deve basarsi sui fatti. Casinisti e un po' pazzi, pensammo di poter cambiare il mondo saltando tutti gli steccati, ignorando tutte le regole. Alcuni sperimentarono la coppia aperta, altri andarono a vivere in campagna, molti , in quegli anni in cui i contratti lavorativi erano a tempo indeterminato, cambiavano - per scelta non per neccessità come oggi purtroppo avviene - lavoro con la facilità con cui ci si cambia d’abito. I matti giravano liberi, si scendeva in piazza a protestare e le donne avevano iniziato a reclamare spazi per sé fino a quel momento inimmaginabili. Poi, qualcuno nei cortei aveva cominciato a sparare. La generazione dei padri aveva tremato di fronte alla ribellione dei figli, ma “l’immaginazione non aveva contagiato il potere“. Era avvenuto il contrario: era stato il potere che aveva contagiato l’immaginazione. Qualcuno si era fatto prendere la mano, aveva esagerato. La droga non faceva solo volare, faceva anche morire. Il terrorismo aveva dato la stura agli “anni di piombo“. La coppia aperta aveva verificato sulla sua pelle che, se era facile condividere la cucina, era un po’ più difficile condividere la camera da letto. Ed era iniziato il riflusso…
Ma da quel riflusso qualcosa si salvò: la ribellione femminile sembrò prendere piede e non credo che senza il Sessantotto e quello che comunque quel movimento modificò nella società e nel costume, ci sarebbero state le leggi promulgate in Italia sul divorzio, l'aborto e la riforma del diritto di famiglia. E queste, che sono conquiste che hanno cambiato la vita delle donne, le dobbiamo anche agli uomini, a quegli uomini, e non pochi, che sono cambiati, e profondamente, rispetto ai loro padri. Finalmente negli anni Settanta la voce delle donne si fece sentire: finalmente, facendo autocoscienza, fluivano i racconti, si confrontavano le esperieze. Le donne manifestarono per l'aborto, per sottrarsi all'orrore delle pratiche clandestine, lottarono per il divorzio, dando voce all'inferno che avevano vissuto le loro madri, dando parole a chi era stato costretto ad accettare la legge del silenzio.
Nel '73 venne pubblicato da Feltrinelli "Dalla parte delle bambine" una carrellata sui condizionamenti a cui le donne, fin dalla più tenera età, sono soggette. Il libro fece scalpore. Altre autrici affrontarono tematiche femministe, alcune in chiave narrativa come Dacia Maraini in "Isolina" altre in chiave saggistica come "Anna Del Bo Boffino in "Figli di mamma" o Armanda Guiducci ne "La donna non è gente". Si scopriva la Simone de Beauvoir, teorica del femminismo, de "Il secondo sesso" e quella, vulnerabilmente femminile, de "La donna spezzata". Si affrontava il nodo della sessualità femminile, della "pazzia" con Phyllis Chesler, del rapporto tra femminismo e psicanalisi con Juliet Mitchell. Fiorivano i libri autobiografici incentrati sul rapporto con la madre come "Le parole per dirlo" di Marie Cardinal. Si incominciava anche ad affrontare il nodo complesso e difficile dell'immaginario femminile e materno... Il bambino fanasticato che ci portiamo dentro doveva e deve essere individuato e affrontato.
Questo aspetto della femminilità, a mio avviso non ancora analizzato a sufficienza, è ancora un tabù che è stato appena sfiorato. Perché e in che senso è un tabù? E quali considerazioni possiamo trarre scoprendo (cito un argomento e un settore che mi appassionano) che le scrittrici nel nostro Paese sono il 10% degli scrittori, ma nelle antologie scolastiche sono rappresentate al 5%? E scompaiono senza lasciare traccia di sé, Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura, ne è la conferma, quando smettono di pubblicare, perché a livello accademico non esistono.
E' soltanto un esempio ma è illuminante per farci capire che la lunga marcia è cominciata ma noi donne siamo ben lontane dalla meta. Ci siamo fermate? A riposare? A riflettere?
Sarebbe il caso di capirlo.
sessantotto: l'inizio della fine...
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