Ho letto una discussione su Vibrisse incentrata sull'utilità dei corsi di scrittura creativa. Aiutano a diventare scrittori ? Coloro che li frequentano lo fanno con la speranza, più o meno dichiarata, di fare il salto di qualità: da scribacchini a scrittori? Non lo so, io non ne ho mai frequentato uno pur avendo avuto nella mia lunga vita un rapporto appassionato, conflittuale, esaltante e ininterrotto con la parola. Lettrice onnivora fin dalla più tenera infanzia, scrissi diari sgrammaticati e noiosi, poesie e filastrocche che lette a mia madre, ottennero non la sua approvazione, ma la mia iscrizione a un istituto tecnico per riportarmi a terra, per ancorarmi a una concretezza che mi mancava e che la dannava. Poi, in linea con gli studi fatti, arrivò una laurea in Economia e commercio.
Ma io, ostinata, studiavo bilanci di giorno e leggevo poesie di notte.
I diari si erano fatti meno noiosi, ma sempre un po' sgrammaticati, forse perché vivevo in una terra di dialetti, avevo una nonna che quando litigava con la figlia maggiore, nata in Croazia, nell'impetuosità della rabbia ricorreva alla sua lingua d'origine e zii che, quando non volevano farsi capire da noi bambini, parlavano in tedesco, perché avevano frequentato, nella Trieste di Francesco Giuseppe, le scuole tedesche. La "lingua" che si parlava e si parla a Trieste non è l'italiano, ma il dialetto triestino e la mia scrittura è ancora infarcita di "triestinismi".
Poi il lavoro e la nascita di tre figli compressero per anni - tanti - il mio tempo, lasciandomi pochissimo spazio da dedicare alla mia passione. Continuai a leggere molto, ma rubando ore al sonno, e la scrittura cessò quasi del tutto, affondando lentamente, come me, in una lunga serie di giornate affannose e tutte eguali, ritmate da bisogni essenziali da soddisfare, senza lasciare più il minimo spazio ai desideri, soprattutto quando, poco più che trentenne, mi separai da mio marito e mi ritrovai sola, lontana anche dalla mia famiglia e da Trieste, ad allevare tre figli.
Poi il lavoro e la nascita di tre figli compressero per anni - tanti - il mio tempo, lasciandomi pochissimo spazio da dedicare alla mia passione. Continuai a leggere molto, ma rubando ore al sonno, e la scrittura cessò quasi del tutto, affondando lentamente, come me, in una lunga serie di giornate affannose e tutte eguali, ritmate da bisogni essenziali da soddisfare, senza lasciare più il minimo spazio ai desideri, soprattutto quando, poco più che trentenne, mi separai da mio marito e mi ritrovai sola, lontana anche dalla mia famiglia e da Trieste, ad allevare tre figli.
Eppure...
Eppure quella capacità di raccontare che avevo tanto ammirato nella sorella di mio padre, la zia Maria, quell'abilità che lei sapeva mettere nell'incastrare alla perfezione la descrizione di un luogo o di un personaggio con il mistero, quel ritmo serrato che le sue storie avevano, e che facevano di lei una cantastorie nata, mi erano entrati nel sangue e stavano, come le acque carsiche della mia terra, scorrendo anche se invisibili sotto la mia pelle e io sapevo, sentivo che prima o poi sarebbe emersa la scrittura, una scrittura arricchita e resa mia, inconfondibilmente mia, dalla mia storia e dalle mie emozioni. Se sonnecchiava o dormiva, certamente la scrittura che mi portavo dentro sognava e io guardavo il mondo con gli occhi di chi scrive. E quando, a Milano, strizzata nella metropolitana andavo al lavoro, fissando i visi stanchi della gente e notando i segni che la vita lascia sui volti, io immaginavo storie, io rubavo vite. Era una curiosità dirompente, era la necessità di vivere altre vite oltre alla mia. Immaginandole la fantasia riprendeva a volare, più veloce della metropolitana che in un rombo assordante percorreva le gallerie buie sotto la città.
Non erano bastati gli studi di tipo economico, l'insegnamento di materie tecniche, la stanchezza, i dispiaceri e la lotta quotidiana del vivere a uccidere quella divorante passione che, miracolosamente, quando il ritmo della vita rallentò, i figli se ne andarono, il pensionamento mi liberò dal giogo de "Il Sole 24Ore" e dei bilanci, riemerse, intatta nell'aspetto fantastico, ma purtroppo ancora non perfetta stilisticamente.
Potrebbe servirmi un corso di scrittura per migliorare lo stile? Se fossi più giovane, certamente, ma alla mia età la capacità di apprendimento è quasi nulla, la memoria fa difetto... No, è troppo tardi per scrivere meglio.
Non è troppo tardi per scrivere, perché non è mai troppo tardi, per essere se stessi.
Ai giovani che amano scrivere consiglio l'iscrizione a un corso di scrittura creativa, anche se, ripeto, cantastorie, magari arruffoni come me, si nasce e non si diventa. Soprattutto, e mi sembra ancora un miracolo, tali si rimane anche vendendo felpe su un banchetto del mercato o portando a compimento studi imposti e non amati. Inossidabile e inattaccabile come tutte le passioni, la scrittura non affoga nella polvere, non affonda sotto la farina, non si perde nelle pieghe di un abito stirato, ma dà sangue, spessore e sapore alla vita. Se c'è, sempre cercherà la sua strada per uscire allo scoperto.
Ai giovani che amano scrivere consiglio l'iscrizione a un corso di scrittura creativa, anche se, ripeto, cantastorie, magari arruffoni come me, si nasce e non si diventa. Soprattutto, e mi sembra ancora un miracolo, tali si rimane anche vendendo felpe su un banchetto del mercato o portando a compimento studi imposti e non amati. Inossidabile e inattaccabile come tutte le passioni, la scrittura non affoga nella polvere, non affonda sotto la farina, non si perde nelle pieghe di un abito stirato, ma dà sangue, spessore e sapore alla vita. Se c'è, sempre cercherà la sua strada per uscire allo scoperto.
Un corso di scrittura potrebbe farla emergere.
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