martedì 13 luglio 2010

C come corpo

Cosa evoca la parola corpo?
E' parola ambigua, potente, questa che riporta alla bellezza di un corpo di ragazza o alla decadenza di una carne greve di anni, alla forza tutta muscoli del maschio e a  uno dei termini di quel dualismo che ci esprime e ci ingabbia nell' unione/contrapposizione di anima e corpo. Fatti di carne e di emozioni, percorriamo le strade del mondo offrendo agli occhi di chi ci guarda un'immagine di noi che è prima di tutto immagine corporea. Scintillante specchietto per le allodole il corpo ci presenta in società, dando di noi un'immagine, l'immagine che decidiamo debba dare. Lo manipoliamo, lo modifichiamo e... ci inventiamo. Tacchi, calze velate, bustini, tinture per capelli, ciglia finte, reggiseni imbottiti, quando non bisturi e liposuzione, nasi spezzati e rifatti, tette gonfiate e bocche esagerate, il tutto al servizio di un inganno assurdo, allo scopo di mettere in scena al posto della vita la sua copia recitata, stabilendo a priori di essere qualcosa che non siamo, basando la nostra autostima su un'immagine che ci contenga - forse proteggendoci - e ci mostri.
Mostri o mostri?
La diversità, lievito del mondo, capace di stuzzicare la curiosità verso tutto ciò che è diverso, bandita. Il mercato che s'impossessa bulimicamente delle nostre paure e ci fagocita, soprattutto noi donne, all'insegna di quel grido - essere alla moda - che diventa uno stendardo sotto la cui egida si aggregano marciando in fila migliaia di donne verso il Paese di Bengodi al quale avranno accesso solo le taglie 38/40, magre, scattanti, sempre giovani, sempre belle, denti bianchissimi, segni  legati all'età combattuti con la tenacia, la fatica e la spesa che  potremmo usare per sfuggire al cancro. Massima concessione: se non belle almeno un tipo. Provate a sedervi in un bar e concedetevi il lusso di osservare la gente che vi sfila davanti. Adolescenti grassi fino all'obesità, debordanti da jeans a vita bassa, vi sfileranno davanti, improponibili vecchiette, dalla carne flaccida esibiranno volti parkinsoniani  dalla mimica bandita dal ricorso al botulino, gambe segnate dalle vene varicose si trascineranno su tacchi astronomici, corpi sforacchiati da spilloni da balia, vergati di scritte tatuate, trapassati da orecchini che si rincorrono lungo tutto l'arco dell'orecchio attireranno il vostro sguardPerché questo accanimento sul corpo? Perché tanta attenzione, tanta cura per qualcosa che è comunque esteriore? E' la cultura dell'immagine d'accordo, ma a cosa dobbiamo questa voglia di immagini che riflettono a monte il vuoto? In un mondo accelerato, vorticoso l'immagine più della parola, soprattutto scritta, dà l'idea rapida, spesso fallace ma immediata, di qualunque cosa. Non c'è tempo per approfondire, per pensare, per vagliare criticamente la realtà che ci circonda. Bisogna vivere, vivere a mille, senza faticare troppo. In un mondo all'insegna della provvisorietà nel quale tutto cambia: lavoro, amori, città, morale , gusti... anche noi cambiamo. Dopo un divorzio nulla di meglio di un nuovo volto. E capire le motivazioni del fallimento di una storia? Non è importante: basta cercarsi un nuovo partner.
Al mattino, prima di  uscire, come quei rapinatori che svaligiavano le banche camuffati da presidenti degli Usa,  ci s'infila la maschera calandosi nei panni della donna in carriera, dell'artistoide/artista, della bambolona tutta curve e via discorrendo.
Soltanto che, a lungo andare, la maschera diventa il volto... del singolo e del Paese. E quella del Paese a me non piace proprio per niente e nemmeno mi piace la maschera più acclamata, con i suoi rialzi nelle scarpe e i capelli finti, sfumatura rossiccia, e il sorriso e il pianto a comando. Che maschera rappresenta? Quella del Vincente? Che pena quel volto che si va disfacendo, pezzo a pezzo, e che orrore il vuoto che sotto s'intravede. Meditate gente, meditate... Il tempo non s'inganna, con il corpo non si scherza: ne abbiamo uno soltanto  e quando l'attenzione che gli dedichiamo diventa eccessiva, qualcosa non quadra più e non è  soltanto con il nostro corpo che dobbiamo dialogare, non soltanto con lui, ma anche con le nostre emozioni, con il cervello e l'anima... non dimenticando la nostra complessità e la fatica del vivere.
E, last but not least, se non vi vedete belle, ragazze che vi specchiate incerte nelle vetrine controllando la vostra immagine, provate a guardarvi con gli occhi di chi vi ama e il vostro corpo, anche se non perfetto, si rivelerà bellissimo.









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