Leggo un blog, seguitissimo. E' un diario, scritto da una donna, che tratteggia con ironica ferocia il tran, tran di una vita familiare dove nulla di ciò che deve esserci manca. Ci sono tre figli, un marito (perso tra libri e sogni, ché a lui "spetta" cambiare il mondo), e una moglie/mamma giornalista (non scrive di moda o shopping ma di finanza) che, un po' per gioco e un po' per non morire, ha cominciato a descrivere il suo vissuto quotidiano in un blog.
Una donna con tre figli, un lavoro (impegnativo), un marito che appare e scompare come le acque carsiche, domiciliata a Milano (la residenza è in posti diversi, non dimentichiamo che il mondo è grande, globalizzato e in una manciata di ore si arriva a New York come in Giappone), deve essere non brava, bravissima, per riuscire a farcela... Ma quanto più è brava, colta e intelligente, tanto più coglie l'ambiguità profonda del suo potere. Non può non coglierla e... non può non starci male e paradossalmente bene, benissimo.
Può scegliere tra la lagna e l'ironia. Lei, Claudia, sceglie l'ironia e fa centro. Il suo blog, nel giro di pochissimo tempo, decolla... Lei è veramente brava, scrive due libri (che non ho letto e non posso giudicare) di successo. Com'è facile intuire non trattano di finanza...
Ieri, ho passato il pomeriggio a leggerla e a ridere. Di gusto. Dopo un po' però nelle mie risate ho avvertito una punta di amarezza, una malinconia che, ostinata, tentava d'insinuarsi. L'ironia è un modo educato, intelligente, urticante ma non pericoloso, di nascondere il dolore. E la rabbia che a quel dolore dà vita.
Le donne, ancora tante nonostante la crisi, che ogni giorno con incredibile forza, con tanta fatica, con molta intelligenza, si spezzano e si ricompongono, passando da un ruolo a un altro, conoscono le incertezze, i dubbi, i sensi di colpa che queste vite si portano appresso. Non tutte ce la fanno, alcune crollano, lasciano il lavoro, rinunciano alla maternità, vanno in analisi, mentre altre, invidiose, osservano le vincenti: quelle che riescono a fare tutto, a cambiare registro con immediatezza (due minuti prima, sul lavoro, professionali ed efficienti a valutare "razionalmente", due minuti dopo a infornare una torta di compleanno, condita d'amore) mantenendo sul volto "quel" sorriso. Perfetto.
Quando una situazione non puoi cambiarla te la fai piacere. E' su questo che si basa, in fondo, il masochismo femminile. Il cambiamento, auspicato a parole, è doloroso, pieno d'insidie, pericoloso e, in ultima analisi, difficile da realizzare. Tanto vale adattarsi, riuscire a cambiare registro, sgusciare, scivolare, farsi strada con il sorriso e l'ironia. Claudia si è posta il problema - è troppo intelligente per non farlo - ma ha deciso che stiamo vivendo una fase di transizione, che tutto andrà a posto. Prima o poi. Automaticamente.
Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vederla usare la sua sapiente, graffiante ironia applicandola non solo a quel micro mondo degli affetti che è la famiglia, ma alla finanza, a questo mondo tipicamente maschile che lei ha scelto di frequentare per lavoro e nel quale penso sia assolutamente professionale. O sbaglio?
In questa società, che non è a misura di bambino, anziano, malato e - ripeto - donna, adattarsi è giusto o è soltanto vincente?
L'ironia che pervade questo mondo virtuale, al di là della sua indubbia piacevolezza accende la rabbia, che è alla base dell'indignazione, o l'annacqua, spegnendola? So, ho capito tutto, ma protesto con misura, con stile; insomma mi adatto. E nemmeno mugugnando, sorridendo. Non è forse un po' troppo?
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