Quante donne spente dall'obbedienza e dal silenzio come mozziconi di sigaretta nell'acqua torbida di una pozzanghera! - pensò, passando energicamente lo straccio sul bancone del bar. Donne che, evocate dalla memoria, le sfilavano davanti agli occhi. A partire dalle sorelle di suo padre... Le aveva mai sentite urlare? Urlare?, Dio ci guardi, nemmeno alzare la voce. E le zie acquisite? Anche loro mute, ad esclusione di quel cinguettio infantile - da bambine inchiodate all'infanzia - che accompagnava la cerimonia del tè o le prove di un abito nuovo dalla sarta. Balbettii che s'incrociavano con quelli dei figli bambini, imitandoli. No, lei no, lei era nata diversa, forse a causa di quel sangue nuovo, scuro e forte, sangue africano, che le scorreva nelle vene, quel sangue che, mescolandosi a quello del padre, anemico e chiaro come la sua pelle macchiata da efelidi appena più scure e percorsa da una peluria rossastra, aveva fatto di lei una mulatta. Altera, dritta come un fuso, del colore di una castagna matura, i capelli ricci ma chiari, quasi un'aureola luminosa a incorniciare il volto di una santa. Suo padre l'aveva amata, anche se non aveva sposato sua madre, licenziata in tutta fretta appena le suo forme, arrotondandosi, avevano creato, in casa dell'avvocato, i primi sospetti. E così lei era nata in Svizzera e non era stata riconosciuta, ma il padre, fino a quando era vissuto, aveva provveduto a lei e alla madre. Poi c'era stato l'incidente; in quella notte di pioggia il telefono aveva squillato a lungo... Dopo il funerale baci, abbracci, ma soltanto per ritrovare in lei una traccia, anche se labile, del fratello, del figlio scomparso e calmare, chetare rimorsi tardivi e dolorosi.
Sua madre era tornata a vivere nella casa dell'avvocato, portandosela dietro e ricominciando a fare quello che aveva sempre fatto: la serva. Quando andava a fare la spesa, la figlia per mano, la gente del quartiere al loro passaggio mormorava, sussurrava... Nei loro occhi curiosi affiorava una domanda: quella mulatta da dove veniva?, ma la famiglia era potente e la gente si limitava a chiacchierare a voce bassa, senza farsi sentire.
Lei, regina senza corona in una casa estranea, viziata e coccolata ma mai accettata, aveva dimostrato da subito di avere un carattere forte, indomito, e un'intelligenza particolare che le dava la capacità si apprendere qualunque nozione senza fatica. Seduta sulle ginocchia dello zio notaio o dello zio avvocato, il più conosciuto della città, era cresciuta tra codici, leggi, cause, sentenze e ricorsi. Non l'avevano fatta studiare, ma lei, con quella cultura giuridica appresa per osmosi, crescendo era diventata un punto di riferimento per le donne del quartiere.
Faceva quel lavoro, la barista, nonostante le proteste della famiglia, proprio per incontrarle..., e quelle donne, mute come pesci, con lei si aprivano, prendevano coscienza dei loro problemi, e la ribellione, che anticipa il coraggio di cambiare, si accendeva nei loro sguardi, prendeva forza... Qualcuna si era sottratta alle botte, alle minacce e alle ingiurie. Lei, come poteva, spesso ricorrendo alle conoscenze dei professionisti di famiglia, era riuscita ad aiutarne alcune, a dare un tetto a qualcuna.
Una di loro, badante presso un anziano imprenditore che, dopo alcuni anni, l'aveva sposata, aveva ereditato, alla morte del marito, una cospicua fortuna. Ora, le dava una mano, aprendo la sua casa, a qualsiasi ora del giorno o della notte, a donne con qualche livido di troppo che, spesso, stringevano tra le braccia o tenevano per mano bambini terrorizzati come uccellini presi a fucilate.
(continua...)
Nessun commento:
Posta un commento