E' in mezzo ad altri libri, nel disordine abituale della mia libreria, Le lune di Giove di Alice Munro. Non è lei che ha vinto il Nobel per la letteratura? Ho già letto uno dei suoi libri. Non ricordo nulla. Vuoto assoluto. Ma lei scrive racconti... Soltanto? Un racconto è più difficile da ricordare di un libro - penso, mentre rigiro il libro tra le mani.
Be', non ho molto da fare... Mi infilo a letto (fa freddo, siamo già in autunno) e comincio a leggere. Il primo racconto non mi dice nulla, il secondo nemmeno, il terzo idem come sopra. Al quarto sono talmente distratta che dimentico ciò che leggo mentre lo sto facendo. Sbadiglio, annoiata. E le hanno dato il Nobel per la letteratura!? Vado all'ultimo racconto, tanto - penso, non è un romanzo: ogni racconto è a sé, come una singola fotografia in un album. Eppure non mi convince: l'ordine dei racconti non è casuale.
Leggo anche l'ultimo: mi irrita; non è che non mi piaccia soltanto, non lo capisco, sì, non lo capisco...
Mi si accende una lampadina: non sono così scema! Non a questo livello. Mi rivedo con Paolo, sorridente e sicuro, una vaga aria di sufficienza (quella dell'adulto che spiega al bambino) che dice: "Non vuoi capire! E' un modo come un altro per difenderti. Ma è stupido e.... inutile. Il messaggio ti arriverà da un'altra parte. Ha senso diventare totalmente idioti per non capire?" Nel sorriso affiora qualcosa che non voglio decifrare, questo lo ricordo, mentre il suo sguardo mi ferisce ancora, come una freccia scoccata a tradimento. "Per non soffrire", conclude. Poi, si concentra sul fumo della sua eterna sigaretta. Riesco solo a pensare che è strano che non mi sia venuto il cancro. Ai polmoni, a causa del fumo passivo. Avrei dovuto protestare, pensare alla mia salute. Difendermi! Dal fumo passivo? Anche. Rido, è passato tanto tempo, ma fa... ancora male. E, ancora, tento, inutilmente, di difendermi dal mondo dei sentimenti, così doloroso e incomprensibile... Inutilmente, perché imbocco strade sbagliate: la negazione, le bugie...
E allora riprendo in mano il libro: apro l'anima e la mente, le spalanco sulla vita, come le imposte al mattino sul mistero, la speranza e la paura di un nuovo giorno. E la incontro, la Munro. E, ora, siamo due donne, solo due donne. La scrittrice fresca di Nobel e la scribacchina che con sempre minor frequenza mette a nudo la sua anima sulla pagina di un blog...
"C'è un limite alla quantità di sofferenze e di scombussolamento che si è disposti a sopportare in nome dell'amore, come c'è un limite al disordine che siamo disposti a ignorare in una casa. Non si può conoscere in anticipo, ma quando lo raggiungi te ne accorgi. Ne sono convinta. Quando cominci veramente a lasciar perder succede così. Ti parte dentro una fitta di dolore segreta. Inaspettata. E subito dopo un senso di leggerezza. Non si tratta solo di sollievo. Contiene una forma strana di piacere, niente a che fare con masochismo o vendetta, niente di personale, insomma. E' il piacere spontaneo di quando si constata che il progetto non corrisponde alla struttura, che l'edificio non può stare su; è il piacere di riconsiderare dal principio tutto ciò che esiste di contraddittorio, persistente e irriducibile nella vita. Credo sia questo. Credo che in ciascuno di noi ci sia il desiderio di assecondare e, al tempo stesso, di combattere ciò che prevede prospettive immutabili e fiumi di belle parole".
Ora capisco la sua la fama, e il filo rossa che lega tutti i tuoi racconti, e a quel filo mi aggrappo, allaccio la mia mano alla sua... Con semplicità, con naturalezza, senza maschera.
Grazie Alice; grazie Alice Munro!
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