Quell’anno l’autunno fu più piovoso del solito e il freddo in quel paesino di montagna alle pendici del Gran Sasso si fece sentire presto. Alla fine di settembre caminetti e stufe già ardevano nella casa, e nei letti, alla sera, le domestiche mettevano il “prete”. Non maturarono i cachi nell’orto e l’uva, pallida e acquosa, dette un vino cattivo che, per anni, fece dire a mio padre, se c’erano ospiti a tavola:” Non prendete il vino del Cinquantadue.” fino a quando mia madre si decise e, di nascosto, fece svuotare tutte le bottiglie nel lavello. Operazione alla quale io presi parte con grande divertimento. Alla fine, vuoi per le esalazioni del vino, vuoi per qualche sorsata, Nunzietta e io ci ubriacammo e quella fu la mia prima sbornia. Mia madre, che era incinta, aveva una gravidanza difficile e si lamentava sempre per la nausea e il mal di stomaco. Era cambiata, le sue risate di gola non risuonavano più nelle stanze. Tetra, mentre lo sguardo le si incupiva, diceva che quel bambino nel suo ventre la stava facendo impazzire, che era troppo grosso, senza ombra di dubbio maschio e, inoltre, che aveva deciso di farla dannare prima ancora di nascere. E concludeva, rivolgendosi alla domestica, con quel sussurro” Nunziatì io morirò di parto” che terrorizzava la ragazza.
Poco più di una bambina, presa a servizio a dieci anni, Nunzietta sentendo le parole di mia madre si metteva le mani nei capelli e, facendo gli scongiuri, diceva“ No è issa c’ ha da murì, no è issa…” e poi si tappava la bocca con le mani, mentre io pregavo Santa Rita, che mia cugina mi aveva assicurato essere la Santa dei miracoli impossibili, di far sopravvivere al parto mia madre e di prendersi, se proprio qualcuno doveva morire, nonna Clotilde che non riconosceva nessuno e mi diceva, quando e se notava la mia presenza nella stanza “ E tu chi sei? Nessuno di noi è biondo, siamo tutti neri, di occhi e di capelli.” E scuotendo il capo concludeva: “ Con chi ti fece, con chi ti fece? Ah povero figlio mio!Non ne risparmiò nessuno ”
Io correvo da mia madre che mi rassicurava dicendo: “ E’ pazza. Quando ha smesso di essere fertile, il sangue, non trovando sfogo, le è andato al cervello” e mi accarezzava, ma sottovoce, facendosi sentire soltanto da me, aggiungeva:” Ma anche cattiva è, e non mi ha mai potuta soffrire. Tu hai i miei capelli e i miei occhi e nelle vene ti scorre il sangue dei Morabito. Sei bellissima figlia mia, vieni qui e fatti baciare “.(continua)
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