Inquietanti, nelle sale grigie, senza finestre, ovattate, si materializzano le immagini. All'inizio tradizionali: bellissime e immediatamente percettibili danno la misura di un'abilità tecnica ormai acquisita, ma contemporaneamente preannunciano, attraverso l'inquietudine che comunicano, l'esigenza di una ricerca che porti a un approdo più complesso, che forse accorci la distanza che intercorre tra il vero, a cui l'artista attinge, e il verosimile che ne costituisce la deformazione in chiave artistica, ma soprattutto contenga la traccia di questo percorso.
Un artista deve (è costretto) a comunicare le emozioni che la realtà che lo circonda gli accende nella mente e nell'anima. Testimone di guerre feroci, Picasso vive il dolore, lo sgomento e l'orrore (che esprimerà a livello pittorico in quel capolavoro che è Guernica) sintetizzandoli nel pianto: accorato, impotente, disperato pianto di donna. Ogni donna che piange è una rappresentazione diversa di quello stesso potente, insondabile e universale sentimento che è il dolore. Ma questa sintesi è frutto di un percorso acquisito assemblando immagine a immagine, sensazione a sensazione nell'animo e nella mente di Picasso. Esattamente come succede a noi tutti. Uno sguardo schiude un'anima, un profilo si fa netto illuminato da un sole nascente, una bocca ridente richiama il suono di una risata, un seno svetta, giovane e prepotente, a svelare il desiderio maschile che pervade l'immaginario di ogni uomo. Ma l'emozione che affiora compatta è il frutto di un "disordine" temporale/ rievocativo, di "componenti" essenziali che danno vita quasi miracolosamente, grazie al potere di sintesi della mente e dell'anima, a sentimenti che hanno una loro unicità armoniosa. La mano traccia un segno che materializza i frammenti che sfrecciano nella mente e accendono i sentimenti dell'anima. L'immagine dipinta contiene, smembrandoli, tutti gli elementi che hanno segnato il percorso di formazione di qualunque sentimento.
In modo disordinato? No, soltanto non convenzionale. Nuovo.
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