Per te, Giuditta, sono soltanto luoghi, città, paesi, una cattedrale da vedere, un castello da visitare... per me sono lo scenario - nel ricordo prevalentemente azzurro - che ha fatto da sfondo a quella recita (un po' dramma, un po' commedia) che è stata la mia vita. Ubi ricorderà, non può non ricordare, Franci chissà, Eghe era piccolissima...
La scalinata bianca dell'università mi fa riprovare, e ritrovare, in un istante la paura degli esami, la voglia d'imparare, gli amori e... la libertà. Il tutto racchiuso in quel breve lasso di tempo che chiamiamo giovinezza. Era bella? Non lo so, era una vita all'insegna dell'intensità, tutto mi si conficcava dentro, mi cambiava, trovava un posto nell'anima, lasciava un segno sulla pelle. A Duino si andava (con l'amica del cuore o il moroso) quando si faceva "fogone": sotto la gonna e la camicetta il bikini, i libri abbandonati sul molo, e noi a rosolarci al sole e a nuotare. A casa, per giustificare l'abbronzatura sempre più intensa e i capelli sempre più biondi che la salsedine schiariva, si mentiva spudoratamente. "Tra una lezione e l'altra, mamma, ci sediamo sui gradini dell'università... La vista è bellissima e il sole abbronza". E' probabile che le madri fingessero di crederci...
Quanto vento, quanto mare in quelle estati della mia giovinezza! Quanto azzurro! Finalmente quanta liberà: in parte conquistata, ma anche un po' rubata. Una sensazione - che presto si sarebbe rivelata iillusoria - di parità con i maschi. Eravamo poche e coccolatissime ragazze in una facoltà "maschile"; i professori erano severi, ma gli assistenti erano giovani e il giorno dell'esame, anche se avevamo passato la notte a studiare, eravamo belle, con quei capelli cotonati e le camicie impeccabili. Quale donna, a vent'anni, non lo è? E, ogni tanto, qualche assistente si distreva...
Era iniziata la Contestazione, all'orizzonte si profilava il Sessantotto. Niente più gonne a ruota e scarpe con il tacco alto: jeans - stretti da non respirarci dentro - e Clark. Discussioni su tutto e con tutti: genitori, morosi, insegnanti. Studiavo Keynes, ma lessi (senza capirci molto) Marx... Ci sarebbe voluto tempo (parecchio) per rendermi conto che le parole di Marx, per essere capite, dovevano essere lette anche con l'anima. Nel marxismo astruso delle formule che illustravano la caduta tendenziale del tasso di profitto, non ritrovavo la fame, la disoccupazione, l'arroganza dei padroni che trasudavano dai racconti delle nonne... Solo quando colsi il nesso compresi, e scelsi da che parte stare. E fu, a differenza degli amori, per sempre, perché la solidarietà, il rispetto per l'altro, il bisogno di giustizia, la lealtà sono valori che attingono all'etica. Non passano, né vengono di moda.
A volte, soprattutto in questi giorni, mi chiedo, guardando i settantenni di oggi: "Ma sono i ventenni di allora?" Mi sembra impossibile. In quegli anni vissuti a Trieste, quella bora che non dava tregua sembrò avere spazzato via l'autoritarismo, le regole di una morale bigotta, i baroni universitari... quel mondo, quella cultura che a noi giovani apparivano stantii, decrepiti, ingessati furono archiviati, oggi qualcuno direbbe "rottamati". La società dei padri accusò il colpo, sembrò crollare sotto l'onda d'urto della contestazione dei figli, decisi a costruire un futuro migliore. Questo?
Ci sposavamo ancora in chiesa, per non deludere le madri, ma spesso con il "pancione". Venivano chiamati "matrimoni riparatori".C'è una pieve romanica, a Muggia, sulla collina che domina il mare: è piccolissima, ma ai matrimoni riparatori erano ammessi soltanto gli stretti familiari. Bastò a contenerci tutti: quel nipote - che avrebbe portato il nome del nonno morto durante la ritirata dal fronte russo - anche se occultato al momento delle nozze sotto il mio vestito "impero", operò il miracolo: la famiglia dello sposo (di destra) e quella della sposa (di sinistra) banchettarono e brindarono insieme. Soltanto quel giorno; poi ripresero le ostilità.
Fu un "inciucio", si direbbe oggi, anche se di poche ore.
Basterebbe un matrimonio tra la figlia di Bersani (ammesso che ne abbia una) e uno dei figli di Berlusconi a consentire un accordo sul nome del presidente della Repubblica, o la nascita di un governo di larghe intese? Non credo. Mio padre non andò mai a cena dalla suocera, Bersani non ha mai messo piede ad Arcore. Renzi sì? E' giusto, è sbagliato? Forse bisognerebbe "fare pace con il passato" per avere un futuro?
Hai visitato la Risiera di San Sabba, Giuditta? E la foiba di Basovizza, dove, nella feroce contabilità della guerra, i conti "quadrarono" con la vendetta? Dalle fotografie non direi.
Hai visitato Redipuglia... Forse deve passare almeno un secolo perché la pace non sia solo una parola scritta sui trattati, perché si possa perdonare e cominciare a dimenticare.
Dopo il Carso- è un peccato che tu non abbia potuto vederlo a settembre, quando il sommacco diventa rosso rubino, giallo, arancio e rosso violaceo e i cespugli al tramonto sembrano fuochi di bivacco accesi ad illuminare la sera che avanza sul mare, avete attraversato il Vallone, e intravisto il monte Calvario, il San Michele, il Sabotino... Finalmente gli alberi sono ricresciuti, i boschi sono di nuovo folti, ma tutti quei soldati, caduti come foglie sugli alberi d'autunno, obbligano al silenzio. Ancora, dopo tanto tempo. Non trovi, Giuditta?
Per oggi basta, i ricordi sono come i peperoni per lo stomaco. Un po' pesanti da digerire.
Grazie per le bellissime fotografie...
(continua... Forse)