venerdì 25 aprile 2008

Amleto, Trieste e Babsi Jones

Ho appena finito di leggere " Sappiano le mie parole di sangue ", racconto-reportage di Babsi Jones da Mitrovica, città simbolo della follia e dell'orrore che accomunano ogni guerra.
E' stata una lettura difficile, incalzante, densa e invasiva di ogni spazio che ho cercato di preservare, di ogni angolo che, come un ultimo baluardo, ho cercato di proteggere per non essere risucchiata nell'orrore che, di capitolo in capitolo, dilaga come un'inarrestabile marea nera che tutto sommerge.
E' una scrittura martellante, ridondante, sparata sul lettore che viene colpito con ferocia, scannato, azzannato, ma, come nell'impalatura di ottomana memoria, lasciato vivo, a soffrire.
Non è un "bel" libro, ma è un libro che si deve, o si dovrebbe,leggere.
Per capire che cosa? Quello che quasi tutti sappiamo?
Che la guerra è una sirena al cui canto non ci si può sottrarre, se non legati e imbavagliati, e resi ciechi e sordi contro la nostra stessa volontà? Perchè la guerra ci consente ciò che la pace non ci darà mai: sciogliere ogni remora, abbattere ogni limite, permettere alla feccia che ribolle dentro ognuno di noi, imprigionata in abiti di firma, ingrassata di buon cibo e di buone letture, di esplodere, eruttare,
dilagare su nuove Pompei da seppellire e distruggere?
Sono cresciuta in una terra di confine, in una Trieste di cruchi, s' ciavi, taliani
greghi, ebrei, respirando ricordi, percependo rancori, assistendo a ciò che Proust fa con estrema maestria, ma noi triestini facciamo quotidianamente: una selezione dei ricordi che sostenga la nostra visione della realtà con un confine - e nessuno, meglio di noi, conosce lo squallore di una divisione, decisa a tavolino, di case, chiese e tombe - che separi nettamente i buoni dai cattivi.
Il libro di Babsi Jones ha il merito, per me, di abbattere questo confine riportandomi, come l'Amleto citato dall'autrice, ora e sempre, al dolore del ricordo, alla fatica dell'indagine e all'obbligo del dubbio.

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