venerdì 14 ottobre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°40)

"Primo morto?! Morto come?" 
Abitualmente Pioltino saliva, con altri quattro operai, all'ultima fermata del tram e, rumorosamente, dava la sveglia ai compagni che, abitando più lontano, cedevano a un supplemento di sonno appisolandosi, cullati dal dondolio del mezzo, approfittando del tempo che impiegava il tram per completare il suo percorso attraverso le vie cittadine. Ma in quella mattina d'inizio estate, nessuno si era addormentato, nessuno aveva raccontato barzellette o scherzato, e nemmeno litigato, come abitualmente avveniva. 
Tutti sedevano cupi o si aggrappavano ai sostegni metallici, quasi temessero di cadere ad ogni sobbalzo un po' più violento.
"Assassinato!, Assassinato come un cane... "
"Ma chi... ?" chiese Pioltino, più a se stesso che agli altri che lo circondavano.
Giuseppe sbottò: "Chi? Chi secondo voi?"
Un silenzio pesante, spaventato, gli rispose, mentre la sagoma della fabbrica emergeva dalle brume del mattino e il suono della frenata si alzava stridulo nell'aria, seguito da uno scalpiccio di passi, più lenti del solito, quasi esitanti, come se affrontare il lavoro di sempre, la fabbrica e lo sguardo dei compagni fosse diventato più difficile e, improvvisamente, pericoloso. 
Gualtiero non era nel suo ufficio: stava, rigido e vestito di scuro come a una parata ufficiale, nel locale che consentiva l'accesso allo stabilimento. Faceva un breve cenno con il capo, ripetuto, monotono, come se salutasse ogni operaio. Il suo volto, privo d'espressione, appariva pallido, quasi cereo, gli occhi scuri, solitamente attenti a cogliere ogni particolare, sembravano fissarsi sul nulla, inquietanti più che rassicuranti...
Poco dopo il lavoro riprendeva, con le macchine che dialogavano nuovamente tra loro, sbuffando e sibilando, e i carrelli che scivolavano lungo il pavimento tra manciate di scintille pronte a incendiare l'aria... come sempre, come ogni mattina. 
Uguale eppure diverso. 
Al suono della sirena si notò il cambiamento: mancava il suono delle voci. Una cappa di silenzio avvolse la fabbrica, infilandosi in ogni fessura, in ogni angolo...
Minaccioso, più di mille parole urlate, quello fu il canto funebre per Primo. 

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n° 39)

Un urlo di donna squarciò il silenzio, rimbombando nella strada improvvisamente animata: imposte, come occhi insonnoliti infastiditi dalla luce, si schiusero, gente si affacciò ai davanzali e si  sporse dai parapetti dei terrazzi. Domande s'incrociarono nell'aria senza ottenere risposte se non quel nome, quel nome che passava  di bocca in bocca, di casa in casa... E' Primo, è Primo! Lo hanno assassinato!
Due uomini lo raccolsero, mentre dalla tasca del suo camiciotto scivolano le chiavi di casa. Qualcuno spalancò il portone; la gente del caseggiato, i più coraggiosi o forse soltanto i più indignati, già sulle scale, facendo ala al suo passaggio si appiattiva contro il muro.
Gli uomini che lo avevano raccolto, lo deposero sul letto, con delicatezza,  e accesero la luce sul comodino. Una donna spalancò a le imposte, quasi mimando un rientro normale dopo una giornata di lavoro.
Qualcuno aveva chiamato la Gendarmeria, ma fu  un medico ad arrivare per primo. Gli bastò un'occhiata per valutare la situazione. "Lo hanno aperto come un maiale da macellare" borbottò, chiedendo dell'acqua per lavarsi le mani.
Una donna piangeva, un'altra pregava, e nell'atrio pieno di gente due gendarmi, finalmente arrivati sul posto, cominciarono a raccogliere testimonianze confuse... Nessuno sembrava avere visto in faccia gli assalitori.
"Sarà stata una rapina" ipotizzò una delle due guardie, mentre dalla gente che li circondava saliva una voce: "Per rubargli cosa? La sola ricchezza di Primo era il suo coraggio!" Un' imprecazione tagliò l'aria; qualcuno gridò: "Gliela faremo pagare!", mentre altri uscivano dall'appartamento per tornarsene a casa, spaventati da quelle parole e dalla richiesta dei gendarmi di fornire le proprie generalità.
Pochi minuti dopo l'ingresso si svuotava all'ordine di "Sgomberare, sgomberare!" intimato da uno dei due uomini in divisa, mentre l'altro raggiungeva la camera da letto per parlare con il medico che stava redigendo il certificato di morte.
Un uomo con l'impermeabile, vedendo i gendarmi, abbassò la tesa del cappello sul volto e, con calma, raggiunse  la porta d'ingresso dell'appartamento, confondendosi tra la gente.
Pochi minuti dopo spariva protetto dal buio della strada.
(continua... )