domenica 28 marzo 2010

La casa delle bambole - racconto a puntate - (n°5)

"Non ci sono sotto grandi misteri... Come ti ho appena spiegato mi arrivano bambole da aggiustare anche di grande valore. Non sai quanto siano disposti a sborsare i collezionisti per una di queste bambine" e Gloria me ne indicò una, aggiungendo:"Vale un patrimonio: era di mio nonno che la lasciò a mio padre". Io mi avvicinai per ammirare quel piccolo gioiello da vicino. Sentii Gloria alle mie spalle e mi voltai. Mi stava osservando in silenzio, un velo di sudore sulla fronte, il volto teso, come temesse qualcosa.
"Non la tocco, stai calma" le dissi, un po' seccata, per tranquillizzarla. Poi mi avvicinai alla finestra: pioveva, quasi diluviava, e Gloria mi propose di dormire a casa sua. Accettai, anche se l'invito un po' mi meravigliò. Mettemmo delle patate,a vvolte nella carta stagnola, a cuocere sotto la cenere calda e mangiammo davanti al caminetto. Restammo davanti al fuoco a raccontarcela fino a notte inoltrata, mangiucchiando frutta secca e Gloria, che aveva girato mezzo mondo, mi fece vedere alcune scatole piene zeppe di fotografie: una di queste la ritraeva a un'esposizione di bambole a New York, un'altra in Giappone a un'asta. "E questo chi è?" Tra le mani tenevo una fotografia: ancora lei giovanissima, un'adolescente acerba, con accanto un uomo. Me la strappò, poi rise stridula:"Non sarai curiosa come la tua vicina di casa?" disse, facendola scivolare nella tasca del grembiule. Feci un cenno di diniego, ma la faccia dell'uomo accanto a lei l'avevo già vista. Forse mi ricordava qualcuno. Perché Gloria l'aveva fatta sparire? Sapeva che quell'uomo lo conoscevo o era solo la sua solita ritrosia, quel riserbo su se stessa che sembrava essere struttura portante della sua personalità? Alle mie mute domande rispose solo il verso stridulo di un uccello notturno.
"La civetta ha cantato... Sei superstiziosa?" mi chiese. Mentendo, negai.
Stavamo ormai crollando entrambe dal sonno e, augurandoci la buona notte, andammo a dormire.
Stavo sognando qualcosa di piacevole, quando udii qel fruscio. Aprii gli occhi: il silenzio era rotto solo dal verso di un uccello notturno. Cos'era? Di nuovo la civetta? Quando la civetta canterò tre volte... Rabbrividendo mi tornarono alla mente vecchie superstizioni che attribuvano poteri premonitori di disgrazie al verso dell'animale. Beh, eravamo a quota due... Un filo di vento si alzò e qualcosa scricchiolò: un ramo? Cric, una pausa di silenzio, crac. Ebbi la sensazione netta di un passo: cauto qualcuno si muoveva nella casa. Forse a Gloria le patate si erano piantate sullo stomaco e si era alzata per farsi una tisana? Non volendo svegliarmi tentava di non fare rumore? Da sotto l'uscio però non filtrava luce e poi l'estraneo non era in cucina: era davanti alla mia porta. Sentii il cuore saltarmi nel petto e il sangue rombarmi nelle orecchie mentre la maniglia della porta - i miei occhi ormai abituati al buio potevano intravedere qualcosa grazie al chiarore della luna - si abbassava. Lentamente.
"Chi è?" La mia voce risuonò istericamente alta nel silenzio ovattato della stanza.
Lugubre si levò, per la terza volta, il canto della civetta. (continua...)