lunedì 3 agosto 2009

Il Grande Venditore di sogni irrealizzabili è ancora più forte.

Ricordo ancora certi film dell'orrore, i figli spaventatissimi che rassicuravo dicendo "E' tutto finto", mentre loro, a rimarcare il ben diverso impatto dell'immagine sulla parola scritta, rispondevano "Sembrava vero". Era inventato, ma verosimile. Chi di noi riuscirà mai a dimenticare le due Torri Gemelle di New York che crollano al suolo? E quel commento "Sembrava un film"?
Il confine tra ciò che è e ciò che sembra si sta facendo labile? E se la risposta suonasse affermativa quali sarebbero i rischi? Pensiamo a un leader politico sul palco di una piazza o inquadrato da uno schermo televisivo. Alla televisione la mimica facciale, difficile da cogliere dal vivo a distanza, darebbe una ben diversa rilevanza alla comunicazione gestuale. Il sorriso o sorrisetto, gli sguardi, la mascella che si fa rigida, la strizzata d'occhio, la postura, il gioco delle mani potrebbero convincere quasi più delle parole. Certamente i più fragli, i meno preparati, come un falso piazzista che per mettere a segno i propri colpi li indirizzasse alle vecchiette. Ma, con una popolazione che invecchia, le vecchiette e i vecchietti sono numerosi. E poi ci sono i giovani che ancora non sanno che le parole non hanno padrone e si prestano a tutti i giochi. E i ragazzi apprendono dalla scuola ma anche dalla televisione e quasi nulla dai giornali. Ma cosa può una scuola ridotta, da interventi demagogici e velleitari, a brandelli, su cui la famiglia - mai come ora in affanno - ha scaricato anche la responsabilità dell'educazione dei propri figli, di fronte al pifferaio magico in cui la televisione s'incarna? Il giornalista verifica la notizia prima di scriverla, a differenza del cronista televisivo il cui merito è di darla in tempo reale, spiazzando, ovviamente, il giornale. Quante volte i miei alunni a scuola, facendomi imbufalire, mi buttavano là quel " L'ho sentito alla televisione!" con la deferenza che avrebbero manifestato per un versetto biblico. Nel nostro Paese il confronto tra televisione pubblica e privata, con la televisione pubblica già parzialmente asservita al potere politico attraverso le nomine dei dirigenti, è ora, dopo la fusione tra Rai e Mediset che ha dato vita a Raiset, inesistente. A Berlusconi è stato consegnato praticamente l'intero sistema della comunicazione televisiva.
Il Grande Venditore di sogni irrealizzabli è ancora più forte.
Spegnamo le televisioni, comperiamo i giornali, parliamo con i nostri figli,percorriamo con loro le vie della blogsfera e, soprattutto, facciamoli studiare per sviluppare il loro senso critico, abituarli al confronto dialettico,porli in grado di spostare l'attenzione sui fatti. Questa è una guerra anche se sono le parole e le immagini le nuove armi.
Ricordo un film di Nicolas Roeg con uno splendido e inquietante David Bowie: L'uomo che cadde sulla Terra. L'alieno, mandato in missione sul nostro pianeta con il compito di reperire energia per il suo asfittico mondo, seduto al centro di una stanza tappezzata di televisori, s'ingozzava di programmi, convinto che ciò che vedeva fosse la fotocopia del mondo che lo circondava. Era il Settantasei, il film mi lasciò addosso un'inquietudine strana. Tenace. Ormai siamo abituati a questa pluridimensionalità: accanto al reale c'è l'immaginario - che c'è sempre stato -, ma al quale la tecnologia ha dato sfumature diverse. Luccicano attraenti la copia del reale, il falso verosimile e l'ultima nuova dimensione della realtà che è la dimensione virtuale a dare l'impressione di un immenso luna park nel quale può risultare sempre più facile e piacevole perdersi.L'avrà visto l'uomo che ha inventato la televisione d'intrattenimento nel nostro Paese, ma non ha mai permesso ai propri figli, bambini, di vederla? Raccontiamolo ai nostri figli. Regaliamoli per un compleanno l'abbonamento a un quotidiano, una di quelle ormai pochissime testate giornalistiche che ancora osano schierarsi contro Berlusconi, non soltanto una giochino elettronico.
Sarà come mettere nelle loro mani una bussola per muoversi in un mondo così complesso.
Prima o poi ci ringrazieranno.