lunedì 5 ottobre 2009

Casa prende, casa rende

Si erano incontrati in metropolitana in una giornata di pioggia. Battente. Stretti come sardine, l'ombrello di lui nella scarpa di lei. L'aveva fulminato inviperita. Le aveva risposto con quel disarmante sorriso e lei aveva abbassato la guardia, accettando il caffé nel bar troppo pieno, vociante.
Si erano innamorati tra scrosci d'acqua novembrina, e in un agosto torrido che aveva vuotato la città si erano sposati. La mamma di lui, vestita di nero, aveva pianto. Come a un funerale. Pianse anche alla nascita di Gaia: per il nome, che non era quello di sua madre Assunta, buonanima, e perché aveva partorito una bambina.
Asilo nido, ufficio, supermercato, cena in tavola... Una grigia catena di giorni sempre eguali che ingrigiva anche lei, si allungava a dismisura. Imprigionandola. La televisione riempiva gracidando i loro silenzi: lui si addormentava nel salotto, sul divano. Lei, nel letto a due piazze allungava una mano. La ritirava vuota. Una sera, Gaia dalla nonna, rientrò prima del previsto, a causa di un black out. La città era nera come una notte senza stelle, nero l'androne di casa, nero il pianerottolo dove rimase in piedi, umiliata, sentendo che la chiave non entrava. Lui aveva chiuso la porta dall'interno; lei si accucciò schiena contro il muro, al buio. Attese. Da quella porta sarebbero usciti, prima o poi.
Fu una notte lunghissima, interrotta dalla fine del black out. Scintillarono le luci, luci da luna park... Scintillavano come lui. Come quella donna dalle gambe di gazzella e la bocca rossa di baci che le aveva rubato il suo sorriso. "Casa prende, casa rende" le diceva sempre nonna Ina, ma lei non l'aveva più ritrovato. Ora capiva dov'era finito. Tra loro quella valigia sembrava un armadio, una montagna, un mare pieno di pescecani.
Entrò e si guardò intorno.
Tutto in ordine, niente a posto - pensò.
Albeggiava: il cielo era viola, il sole non sorgeva a Oriente. La sequela initerrotta dei grigi che la pioggia inargentava le si spezzò dentro, lasciando il posto all'arcobaleno che
esplose nel cielo come un fuoco d'artificio di colori in una notte d'estate.