mercoledì 28 dicembre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n° 14 - Parte seconda)

Il treno, diretto a Lugano, attraversava verdi campi squadrati e paesi che sembravano dipinti con le matite colorate da uno scolaro puntiglioso. Ogni tanto dalla locomotiva si levava un  fischio che rompeva il silenzio lasciando indifferenti i passeggeri, ad eccezione di quei due uomini che sobbalzavano, entrambi, sollevando il basco calato sulla faccia, svelando la barba non rasata da giorni che, come una ditata di sporcizia sulla faccia di un minatore, ne scuriva i volti che tradivano oltre alla stanchezza una persistente, strenua attenzione. Il Professore, battezzato Piero, si guardava intorno stranito, osservando quei volti rilassati o corrucciati, qualcuno annoiato... Avvertiva la fatica, percepiva la variabilità delle emozioni e dei caratteri, ma anche quel  denominatore comune che identificava i passeggeri dando loro un'aria vagamente ottusa. Si scambiavano commenti sul tempo, sui raccolti, sui fatti del giorno... Qualcuno rideva, altri, dubbiosi, si grattavano il mento, e c'erano pure quelli che, desiderosi di essere lasciati in pace, rispondevano freddamente, abbassando le palpebre per comunicare una decisa indisponibilità al dialogo.
Insomma, ciascuno faceva ciò che voleva: educatamente, ma in libertà. In libertà - pensò Piero, e quella parola sembrò scoppiargli dentro come un petardo natalizio, come  fuoco d'artificio che in una notte d'estate, cascata di stelle colorate, si spenga prima di giungere a terra.
Rimpianto e rabbia gli esplosero nello sguardo, gli contrassero le mani a pugno sbiancandone le nocche che sembrarono, per un istante, bucare la pelle. Non mi prenderanno, non finirò nelle loro grinfie... Combatterò contro i fascisti fino all'ultimo respiro... - pensò, cogliendo lo sguardo interrogativo del passeggero che gli stava seduto davanti. Accennò un sorriso, riprendendo il controllo, e chiese: "Manca molto per Lugano?"
L'uomo lo squadrò, poi, rassicurato da quel sorriso, rispose: "Siamo quasi arrivati" aggiungendo "da dove venite? Siete italiani?"
Piero annuì, allungando un colpetto al compagno che gli sedeva accanto e che sobbalzò, spaventato, portando la mano, in un gesto quasi automatico, alla tasca. Ma gli bastò un'occhiata circolare per fargli ricadere la mano in grembo e fargli nascere sulle labbra un sorriso.
Il  treno rallentava la sua corsa: erano arrivati a destinazione.
Erano salvi!

(continua... )