martedì 11 marzo 2008

A proposito del mio rapporto con il computer:

Colpo di fulmine

Era una mattinata di fine maggio, una di quelle rare giornate in cui i veleni dell’aria sembravano essersi dileguati concedendo agli abitanti della grande città di alzare gli occhi su un cielo innocente come lo sguardo di un lattante. Contro l’azzurro, le guglie del Duomo disegnavano pizzi di marmo. Dai negozi, per l'intervallo del pranzo, uscivano commesse, ubriache di sole, che riempivano i bar dove camerieri frettolosi, piroettando tra i tavoli, ammannivano panini. Mandibole macinavano cibo e confidenze, stomaci pieni eruttavano solitudini mal digerite in un cicaleccio che, fondendosi con l'ansimare da animale inseguito della città in corsa, andava crescendo di minuto in minuto d’intensità.
Lei camminava in fretta ignorando il vento, il cielo e il suo inusitato colore, indifferente al traforo delle guglie e alle occhiate che gli uomini lasciavano scivolare, golosi, sui suoi fianchi che, opulenti, fendevano la folla che animava le vie del centro. Camminava spavalda, con l’arroganza che quel corpo pieno e sodo di donna le consentiva, lasciando scivolare sui passanti uno sguardo vagamente compiaciuto di sé.
Un raggio di sole, sbucato obliquamente dall’angolo di una casa, disegnò un arabesco screziato d’oro sulla sua fronte, scivolando poi a ferirle gli occhi. Le palpebre ebbero un fremito, rallentò il passo che per un istante si fece incerto, poi, sollevò lo sguardo e lo vide, lo vide! Abito grigio argento, accessori blu, sorriso accattivante, sciorinava dati con la facilità con cui sembrava esistere
Lui, sentendosi osservato, sollevò la testa e rimase lì, incapace di parlare, muoversi o respirare: impallato! Davanti a lui, la donna si era fermata, avvolta da un’aureola dorata, i capelli color miele che, a raggiera, incorniciavano il volto pallido, una mano incerta alzata a difendersi dal sole in un gesto che, in netto contrasto con la bellezza aggressiva del suo corpo, ne svelava tutta la vulnerabilità. Per un istante, pensò, assurdamente, si trattasse della Beata Vergine Maria, discesa dall’altare laterale del Duomo per portare sollievo, quale moderna rappresentazione della più nota Madonna di Fatima, ai bisognosi di fede del terzo millennio.
Ma, pur meravigliandosene, dovette ammettere che non di una visione soprannaturale si trattava, ma di una donna in carne e ossa. Donna che quella giornata di primavera l’avrebbe ricordata per sempre, perché, improvvisamente, tutti i suoi sensi si risvegliarono e, lei, giovane pantera metropolitana, annusando l’aria gravida di afrori di etnie diverse, di smog, asfalto impolverato e odore d’incenso, che la grande chiesa alle sue spalle trasudava, colse altri e ben più eccitanti olezzi.
E fu passione.
Non si nutrì, quel giorno, di squallide insalate ipocaloriche e nero caffè amaro, ma si saziò lasciando scorrere mani avide di conoscenza su di lui che rispose a ogni richiesta, a ogni sollecitazione, accendendosi della stessa passione di lei, in un crescendo di musica, colori e sensazioni che li lasciarono spossati e rintronati, sotto quel cielo che, ora, mentre il giorno moriva consegnando la città alle tenebre, si faceva turchino, poi violaceo e infine nero, nero come la notte che, pietosa, si accucciò sugli amanti per proteggerne lo spossato riposo.
Il mattino seguente, con gli occhi ancora chiusi, lei allungò una mano su di lui che, all’orecchio, le sussurrò:
“ Digita su Outlook: c’è una lettera d’amore per te, su You Tube ho un video da dedicarti e…"
“ Amore mio, tu mi hai regalato il Mondo “

Microsoft …ultimo modello ronfa bip, bip mentre la donna lo accarezza commossa.