Tanti auguri, Francesca
Salsomaggiore, 26 giugno 2014
giovedì 26 giugno 2014
sabato 21 giugno 2014
Stufa
"Deve stare immobile".
Annuisce.
Sarà dura con il Parkinson e quei dolori che le dilaniano le cosce e le mordono i fianchi facendola sobbalzare...
"Soffre di claustrofobia?"
"No".
Ma, come tutti, preferisce le stanze con le finestre e le rare volte in cui si è trovata bloccata in un ascensore strizzata come un pesce in barile tra corpi estranei ha avvertito i primi sintomi di un attacco di panico...
"Se dovesse avere problemi (quali?), suoni" le dice l'infermiera, infilandole tra le dita un campanello e facendola scivolare in quel cunicolo che inizia subito a ruotarle intorno. Avverte dei rimbombi fastidiosissimi. Non deve aprire gli occhi. Sceglie, in quel momento e per sempre, di farsi cremare mai che, per errore, le capitasse di essere sepolta viva. Cupo l'avvolge il rimbombo di una campana a morto.
E' nelle grinfie di un mostro d'acciaio. Il suo corpo, avvolto in una vestaglietta di carta verdognola, viene sezionato, scrutato in lunghezza, larghezza e ampiezza. Ha freddo e ha paura....
Il rumore cessa, mentre lei scivola fuori dalla bocca del mostro.
Cosa avrà visto con il suo occhio infallibile?
"La risposta tra una settimana"
Due ore dopo altro centro diagnostico, altra Rm.
Cosa cercano? Con chi, con "cosa" giocano a nascondino?
Non ha più paura; è solo stanca. Stufa.
lunedì 16 giugno 2014
Parkinson e dolore dell'anima
Io, vecchia signora malata, oso dire di aver acquisito
almeno una certezza: alla base della mia malattia, questo scimmia maledetta che
mi segue aggrappata al collo da ormai dieci anni, c'è il dolore, ma non quello
del corpo, il dolore dell'anima. Mi rivolgo alla platea (numerosa) dei
parkinsoniani che ho avuto modo di conoscere tramite Facebook. Chi di noi - e
la sottoscritta è tra questi - non ha minuziosamente descritto la disperazione vissuta al momento della diagnosi e non ha suggerito modi per imbrigliarla, contenerla, trasformandola addirittura
(ma correttamente) in fonte ispiratrice di capacità creativa, "terzo
occhio" di osservazione sul e del mondo, e via discorrendo. Noi parkinsoniani
siamo sicuramente fantasiosi, ma quanti di noi hanno puntato il dito sul "dolore
di prima"?
In quella drammatica visita conclusasi con una diagnosi che ci è piombata addosso come una ghigliottina, quale medico ci ha chiesto: "Ma lei, signor/a Pinco palla, come sta? E' serena, mediamente soddisfatta del suo lavoro? Che rapporto ha con il suo compagno, con i figli? " C'è qualcuno tra questi illustri clinici che abbia osato chiedervi: «Lei vive o sopravvive?»
Il Pk colpiva, ora non più, soprattutto persone sulla sessantina…
Età emblematica, di cambiamenti profondi e… solitari. Crisi vissute in
appartamenti improvvisamente silenziosi e ordinati dai quali la vita ritiratasi come una marea, si lascia dietro, come una manciata di conchiglie abbandonate sulla
spiaggia, ricordi, qualche rimpianto e, spesso, anche sogni spezzati. Cambia la società, cambiano i bisogni, i desideri e…
cambiano le malattie. Il Pk colpisce individui giovani, anche giovanissimi.
Perché? Non sarebbe un discorso da approfondire? Se l'infelicità peggiora il Pk
diagnosticato e viene combattuta con una valanga di psicofarmaci, fino a che
punto può favorire l'insorgenza della malattia, in soggetti predisposti
geneticamente?
E allora lancio una sfida: chi vuol parlare dello «stato d'animo»
che ha preceduto la malattia?
domenica 8 giugno 2014
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