domenica 29 novembre 2009

Mentre leggevamo Colette Dowling...

A mia nipote non leggerò Cenerentola, la storia di questa bella fanciulla che spazzando, pulendo e lustrando aspetta che "qualcuno" si accorga della sua bravura, della sua bontà e della generosità che alberga nel suo cuore, in netto contrasto con la durezza, la stupidità e la superbia della madre e delle sorellastre. Non le racconterò che una fatina un po' distratta accorrerà in suo aiuto per consentirle di andare al ballo a incontrare il suo principe e men che meno che abbandonerà i suoi stracci e le sue scope perché lui la porterà all'altare, dopo averla ritrovata facendo indossare la scarpina di cristallo a tutte, o quasi, le fanciulle da marito del Regno (della pia illusione) fino ad arrivare a lei, meschina nei suoi stracci, ma fulgida di virtù, soprattutto domestiche!
Sarebbe bello e sano per lei strutturarsi e diventare adulta senza immedesimarsi in stereotipi stantii (ma potenti), come questa "peppa lessa". Sarebbe interessante ipotizzarle una Cenerentola, che ne so, che scappa alla sera per frequentare un corso serale d'informatica, si cerca un lavoro e se ne va da casa a scoprire il mondo e anche l'amore, certamente, ma rapportandosi alla pari e non facendosi "salvare" da un improbabile principe azzurro, turchino o violetto, attratto da lei sì, ma tutta intera, audacia, intelligenza e intraprendenza comprese.
Mentre un libro si può commentare e soprattutto scegliere (e la letteratura per l'infanzia ci consente un'ampia scelta) la tv, troneggiante al centro del salotto, se venisse oscurata o scaraventata fuori dalla finestra farebbe sentire la mia nipotina diversa rispetto ai compagni di scuola e agli amici. Che fare? Stare lì accanto a lei e farle prendere il veleno a piccole dosi per immunizzarla, approfittando di ogni domanda per spiegare potenziando il suo senso critico? E' così che sono stata, mio malgrado, costretta a seguire programmi che non conoscevo. E' così che ho potuto vedere lo stereotipo femminile veicolato dalla tv. Stereotipo o archetipo di una nuova civiltà/inciviltà?. L'immagine della donna - filtrata da quello schermo spettacolo dopo spettacolo in un crescendo di sguaiatezza e volgarità, di volti pietrificati dal bisturi e bocche spalancate su penosi squittii - non riuscivo a definirla. Non reale, ma nemmeno immaginaria o virtuale. Falsa?! Come spiegare a un bambino quella falsità? Come spiegare che si mente sapendo di mentire perché l'obiettivo non è informare ma incrementre l'audience, costi quel che costi, fregandosene della responsabilità che dovrebbe assumersi chi fa e dà informazioni? Sembrebbe essere la moda corrente, ma come spiegarlo a una bambina che ha già le prime curiosità dell'adolescente che diventerà? Che senso ha eliminare i giochi di genere quando la televisione ci propina certi programmi?
Mentre leggevamo "Il complesso di Cenerentola" e "La sindrome di Biancaneve" di Colette Dowling aprendo gli occhi sugli stereotipi insiti nelle favole, Karl Popper cercava di richiamare la nostra attenzione su un pericolo più subdolo che come un Cavallo di Troia penetrava nelle nostre case senza che capissimo che avrebbe invaso ben più dei nostri salotti. Era lo strapotere televisivo che ha consegnato il Paese a Berlusconi. Ho trovato tra le mie scartoffie un articolo del '97 di Massimo Ammaniti titolato "La tv non crea mostri" scritto su Repubblica.
Oggi lo se la sentirebbe ancora di sottoscriverlo o darebbe ragione a Sir Karl Popper?