giovedì 30 novembre 2017

Come stai?

“Come stai?” 
“Hai una domanda di riserva?” chiedo e … rido. Rido? Una risata breve che si smorza in quel ghigno che ha preso ormai quasi definitivamente il posto del sorriso sul mio volto. La malattia avanza … e segna il territorio conquistato.
Mai porre questa domanda a un parkinsoniano – penso mentre cerco lo sguardo del mio interlocutore per passare dal linguaggio verbale a quello gestuale, ben più corretto e vero, ma, proprio per questo, più intimo. L’altro/a si aspetta una risposta che spera, il più delle volte, sia convenzionale: quel “Bene, grazie” fasullo che tolga dall’imbarazzo, quell’imbarazzo che, quasi sempre, accompagna la verità. E dato che mi è stato insegnato, fin da bambina, a comportarmi come Dio comanda, recito quel “Bene, bene … grazie” che mette tutto a posto e … nulla in ordine.

Il silenzio si è rotto

Al silenzio che di solito seppellisce le grandi ingiustizie, io preferisco le urla, gli strilli, le parole d i troppo perché il cambiamento - quello vero, non quello di facciata - è un processo complesso difficile e ... doloroso che lascia sul terreno molti morti.Finalmente la voce della donne, non più silenzio, bisbiglio o urlo, potrà forse diventare canto ...