sabato 20 agosto 2011

Sincerità alla luce della crisi


Il Presidente del Consiglio, gettati alle ortiche maschera e sorriso, esprime sbalordimento, dolore e vergogna per ciò che sta facendo, per le decisioni che è (stato) costretto a prendere. Stringi e condensa, il succo è questo: a pagare per uscire dalla crisi saranno anche i ricchi. Pochi e poco - ché i loro avvocati dalle parcelle miliardarie cosa ci starebbero a fare in Parlamento, se non fossero stati e non fossero ancora in grado di suggerire vie di fuga per salvare il malloppo? E così il Presidente, per la prima volta sincero, piange, perché il suo obiettivo non era questo; era quello di tutelarli (i ricchi). E i poveri? Farli soltanto sognare con promesse vane e vaghe. Mentendo.

E se i poveri cristi cominciavano a capirlo e a essere arrabbiati, possiamo immaginare i ricchi... traditi! Da uno di loro! Dopo lo sbalordimento iniziale, ora sì che sono furiosi, e pensare che avrebbero dovuto saperlo che "On n'est jamais trahì que par les siens!".

Le poltrone vacillano e la "Casta" trema, boccheggia, e privata dei suoi privilegi rischia, non solo di essere dimezzata, ma anche di perdere quei diritti acquisiti che i poveri cristi di cui sopra hanno perso ormai da anni. I potenti, abituati a tuonare contro gli evasori fiscali, vengono smascherati come tali: primo fra tutti il Ministro dell'Economia, tale Giulio Tremonti, che paga l'affitto della sua lussuosa residenza romana "in nero", ma non ha tentennamenti di sorta quando abbatte, a colpi d'accetta, ciò che resta del welfare state.

La politica al servizio di un'ideologia - cattolica, liberale, marxista e via dicendo - non esisteva più. Si era trasformata in un sistema di accordi, finte contrapposizioni, false promesse fatte ai cittadini solo per tenere in piedi un Potere sempre più oppressivo, inefficiente, corrotto e ladresco, a favore di pochi privilegiati. Un potere che elargiva denaro (facendo aumentare a livelli insostenibili il Debito pubblico) ai cittadini (più precisamente alle corporazioni più importanti che li rappresentano, diventate 
centri di potere) in cambio di consenso; non per governare e guidare il Paese, ma per auto conservarsi e tutelare i propri interessi.

Questo sta emergendo con chiarezza, grazie anche alla violenza della crisi che stiamo vivendo. Qualcosa si è rotto, si è spezzato... non solo nel sistema, in profondità. Un popolo ha anche un'anima, un substrato di emozioni, di sentimenti, d’ideali. Forse è da questo giardino, segreto e incolto, che dovremo ripartire, forse avremo e abbiamo bisogno di un po' di silenzio, di stordirci meno e pensare di più. Perché non basta capire, bisogna anche "sentire" prima di rischiare di trasformare l'ironia in cinismo, gli ideali in ideologie, l’onestà in ingenuità, imbastardendoci a misura di una classe politica che ormai, come il suo re, è nuda, assolutamente nuda nell'esibire le sue vergogne.