mercoledì 6 aprile 2011

IL buon Marchionne

E anche la Fiat prende il volo: per gradi, pezzo dopo pezzo, si prepara a lasciare l'Italia. Gli operai di Detroit hanno meno pretese, il mercato americano assorbe più vetture, Obama dà una mano.
Lo disse, il buon Marchionne; da Fazio, lo dichiarò e lo sottolineò: nel bilancio consolidato la Fiat Italia aveva gravato negativamente sull'utile, e un padrone deve porsi come obiettivo d'incrementare l'utile dell'impresa che gestisce. Marchionne, manager padrone, ha fatto solo il suo mestiere. Perché stupirsi? Era prevedibile.
In un Paese come l'Italia, dove i politici fanno gli imprenditori, i sindacalisti tutelano i padroni - la chiamano concertazione - gli operai fanno il tifo - e votano - un imprenditore che li deruba, almeno lui ha fatto tutto quello che un padrone fa e ci si aspetta faccia: gabbare gli operai, non mantenere le promesse - peraltro nebulose, a differenza delle pretese, chiarissime - internazionalizzare l'impresa - come correttamente richiede un mercato globale, prendere accordi con chi concede le condizioni migliori, e, alla fine, un bel sorriso e vai!
La dinastia Agnelli, giovane Elkann in testa, approva, timorosa di perdere l'azienda di famiglia, annacquando la sua proprietà azionaria in una possibile public company e tenendo d'occhio un  Marchionne che potrebbe diventare padrone di fatto grazie a un leveraged buyout. 
La globalizzazione è anche questo o questo può essere; i nostri politici e sindacalisti, impegnati a contendersi il potere, forse non hanno capito che il mondo è cambiato. Sarebbe il caso di mettere dei paletti a delimitare le aree di competenza e di ritrovare valori aggreganti e caratterizzanti le varie categorie sociali. Tanto per incominciare a fare un po' di chiarezza!