lunedì 2 marzo 2009

Luna d'agosto

Quando le ombre della sera allungavano fantasmi violetti sui muri delle case, e il giorno era già un ricordo da riporre nella memoria di un tempo perduto, lui scendeva lungo la strada che portava alla balera. Camminava al centro della via, le case intorno, riconoscendo in lui un vincitore, sembravano inchinarsi al suo passaggio. Vestiva sempre di nero, ma non si confondeva con il buio della notte.
Dal suo corpo emanava un’energia pronta a a esplodere, tenuta al guinzaglio, a fatica, come un’animale addestrato ad uccidere. Sempre solo, si materializzava come per magia, con quel suo passo che era già un preludio di danza. Entrava nel locale che, per un istante, tratteneva il fiato. Lui scivolava sulla pista da ballo, dava un colpo di tacco, quasi saggiasse la resistenza del pavimento mentre i suoi occhi scivolavano sui presenti. Si fermava quel suo sguardo senza dubbi, senza domande, sul tavolino d’angolo al quale si avvicinava lento mentre la donna, seduta con le braccia conserte, in attesa, accennava un sorriso. Allungava il braccio e lei si alzava, appoggiando con grazia di colomba la sua mano su quella dell’uomo. Un attimo dopo già volteggiavano sulla pista da ballo. L’orchestra suonava soltanto per loro. Le prime note del tango scivolavano sui loro volti che la luce del locale in penombra lasciava intravedere, e sembravano accarezzarli. Si muovevano in simbiosi, le gambe di lei, che lo spacco generoso dell’abito svelava, disegnavano immaginarie figure geometriche che accendevano di desiderio gli occhi degli uomini. La schiena s’inarcava, guizzavano i muscoli sotto pelle, il collo si rovesciava e il volto dell’uomo si avvicinava, la sfiorava, la sala tratteneva il respiro, ma lei voltava il capo, di scatto, riprendendo a volteggiare. L’orchestra che, con uno stacco aveva esaltato quell’istante, concludeva infine con lo strazio dei violini. Si scioglievano dal loro abbraccio, quindi lui la riaccompagnava al tavolo e, con quel suo passo, che sembrava trattenere ancora la musica nei muscoli, usciva dal locale.
La strada lo ghermiva, avvolgendolo nel buio della notte come un cavaliere infreddolito nel proprio mantello, ogni sera, ma soltanto nel mese di agosto quando la luna è così grande, così lucente, così incombente da rendere l’immaginario, realtà.