mercoledì 18 luglio 2012

Il servizio "buono"

Questa mattina, complice un attacco in forze di tarli ai miei vecchi mobili che ha reso necessario un intervento di disinfestazione, mi sono ritrovata a passare tra le mani piatti e bicchieri (quelli sopravvissuti) del servizio "buono", quello che si usa soltanto nelle occasioni speciali: il Natale, un matrimonio, la laurea di un figlio.
Guardo quei fiordalisi azzurri che si rincorrono sul bordo dei piatti pronti a ghermire rose selvatiche... Quanti anni sono passati da quel Natale, l'ultimo nel quale li usai, l'ultimo passato tutti insieme? Milano, ancora ricca e spendacciona, scintillava come una gemma, l'aria era elettrica, la gente si scambiava gli auguri, le commesse impacchettavano regali  e allacciavano fiocchi. La "tredicesima" si spendeva in regali (anche), non si utilizzava per pagare l'Ici (attuale Imu), che ancora non esisteva. Mio marito e io eravamo due separati "civili", tanto civili da passare  le feste con i "nostri" figli. C'era ancora mia madre. Io avevo un compagno con il quale litigavo ferocemente. "Non faccio parte della famiglia... " mi diceva, e se ne stava a casa sua, rifiutando il mio invito a partecipare al "cenone". I figli volevano il padre, mia madre diceva: "Bisogna pensare al bene dei ragazzi"... Al "bene mio" non ci pensava nessuno. Me ne rendevo conto? Certamente, altrimenti a cosa mi sarebbe servito passare le notti a leggere tutti quei libri di autrici femministe? Ma capire è condizione necessaria, non sufficiente, per cambiare... E io capivo, ma non cambiavo.
Cambiare è difficile, è una rivoluzione personale, non un minuetto. Si cambia soltanto quando il dolore legato a una certa situazione si fa intollerabile. Si cambia per non morire... e, a volte, si rinasce.
Ora, mia madre se n'è andata (come il compagno) lasciandomi orfana delle sue telefonate domenicali e di quell'affetto che dimostrava a modo suo, magari mettendomi una banana nella borsetta, quando ripartivo da Udine per Milano. "Se ti venisse fame... " diceva, e io, sbuffando, la toglievo dalla borsa (la banana), prima di andarmene senza voltarmi, sapendo che lei era lì, alla finestra del soggiorno, delusa, come me, dal nostro ennesimo incontro/scontro.
Perché da una madre si pretende l'impossibile? - penso, riponendo le tazzine, ma è una delle tante domande alle quali non sono in grado di dare una risposta.